Altre polveri e fibre
Le sostanze inquinanti per l’igiene del lavoro si possono suddividere in due gruppi in base alle caratteristiche fisico-chimiche: gli aeriformi (gas e vapori) e i particellari o aerosol (polveri, fumi, nebbie), che si presentano sotto forma di particelle liquide (nebbie) o solide (fumi, polveri e fibre) in sospensione nell’atmosfera.
Le particelle solide comprendono:
-
i fumi derivanti da processi di condensazione, combustione e vaporizzazione, che hanno composizione diversa dal materiale di origine e dimensioni inferiori al micron;
-
le polveri originate dall’azione meccanica su un corpo solido (macinazione, taglio, levigatura, ecc..) e di composizione generalmente analoga al materiale di origine, oppure derivate da processi di cristallizzazione di vapori sovrasaturi o processi di conversione gas-particella;
-
le fibre, di origine naturale o sintetica, consistenti in particelle di forma allungata la cui lunghezza è almeno tre volte superiore al diametro. La Who (World health organization, 1988) definisce fibre tutte le particelle che presentano una lunghezza maggiore di 5 µm e un diametro minore di 3 µm.
Molte sostanze, all’apparenza innocue, sono pericolose per la salute se inalate sotto forma di polveri o fibre: le polveri di legno duro, ad esempio, sono cancerogene per l’uomo, come anche le fibre di amianto.
In questa area tematica sono prese in considerazione polveri e fibre di composizione mineralogica tale da escludere la presenza di silice cristallina e di amianto, cui sono dedicate specifiche sezioni all’interno di Conoscere il rischio.
Le polveri fini e ultrafini
Gli aerosol atmosferici sono una miscela complessa di particelle piccole e grandi, sia emesse direttamente nell’atmosfera che prodotte durante i processi di conversione gas-particelle. Le sorgenti di aerosol atmosferico sono naturali e antropiche.
Le dimensioni delle particelle costituiscono il parametro più importante per la descrizione del loro comportamento e della loro origine; la composizione chimica, la rimozione, ed il tempo di residenza nell’atmosfera sono tutte caratteristiche correlate con le dimensioni delle particelle. Le particelle atmosferiche ambientali sono generalmente comprese in un intervallo di diametri tra 0,01 e 100 µm (micron).
Le particelle comprese tra 2,5 e 10 micron sono definite particelle grossolane.
Le particelle tra 2,5 e 0,1 micron sono definite particelle fini. Una particella di 2,5 μm di diametro è circa un trentesimo del diametro di un capello umano.
Le particelle comprese tra 0,01 e 0,1 micron sono definite particelle ultrafini (UF) e generalmente sono costituite dai prodotti della cristallizzazione di vapori sovrasaturi (SO2, NH3, NOX e prodotti della combustione).
Ai fini del campionamento per la qualità dell’aria si definiscono PM10 e PM2,5 le frazioni di particelle raccolte con un sistema di selezione avente efficienza stabilita dalla norma UNI EN12341:2014, corrispondenti al 50% del diametro aerodinamico rispettivamente di 10 µm e di 2,5 µm.
L’evidenza sperimentale più recente ha fornito risultati che indicano come l’esposizione a particelle aerodisperse con dimensioni più fini, comprese quelle ultrafini o nanometriche (dimensioni < 100 nm) di origine secondaria negli ambienti lavorativi e di vita (scarichi diesel, fumi di saldatura, particelle ultrafini in aria urbana), sia responsabile di effetti negativi per la salute.
Benché i meccanismi di azione biologica non siano ancora sufficientemente noti, la considerevole base di dati sanitari e ambientali sulle particelle aerodisperse negli ambienti lavorativi e di vita ha fornito indicazioni sulle caratteristiche che possono influenzare la tossicità e la relazione dose-risposta. Gli studi sperimentali su animali hanno mostrato che dosi in massa equivalenti di particelle ultrafini (UF) insolubili sono più potenti di particelle di maggiori dimensioni con simile composizione nell’induzione di infiammazione polmonare, danno ai tessuti, e tumore polmonare.
Alla luce di questi studi, la IARC (International agency for research on cancer) ha classificato come cancerogeni per l’uomo (gruppo 1) i seguenti agenti di rischio: fumi di scarico dei motori diesel (vol 105, anno 2014), fumi di saldatura, (vol 118, anno 2018) e particolato in aria urbana (outdoor pollution) (vol 109, anno 2016).
In coerenza con queste evidenze e al fine di tutelare la salute dei lavoratori, il d.lgs. 81/08 in recepimento della direttiva 2019/130/UE, ha aggiunto il valore limite per le emissioni di gas di scarico dei motori diesel (espresso come carbonio elementare e che entrerà in vigore dal 21 febbraio 2023) tra gli agenti cancerogeni elencati in allegato XLIII del decreto e i Lavori comportanti l’esposizione alle emissioni di gas di scarico nei motori diesel tra le sostanze, i preparati e i processi in allegato XLII.
Ai fini del miglioramento della qualità dell’aria ambiente, per prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana, in attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente, il d.lgs. 13 agosto 2010 n.155, attualmente in vigore, ha fissato i valori limite di concentrazione nell’aria per il PM2,5 e per il PM10 rispettivamente nella misura di 25 µg/m3 e di 40 µg/m3 (valori medi annui).
Il d.lgs. n.155/2010 disponeva, inoltre, che dal 1 gennaio 2020 dovesse essere stabilito il valore limite per il PM2,5, tenuto conto del valore indicativo di 20 µg/m3 e delle verifiche effettuate dalla Commissione europea alla luce di ulteriori informazioni relative alle conseguenze sulla salute e sull’ambiente, la fattibilità tecnica e l’esperienza circa il perseguimento del valore obiettivo da parte degli Stati membri. Ad oggi tale limite non risulta emesso.
Ultimo aggiornamento: 11/07/2022
Torna alla
navigazione interna