Nel termine “Fattore Umano” vengono ricompresi molteplici aspetti di studio.
Negli Stati Uniti il termine “Human Factor” viene utilizzato per individuare la disciplina che nel resto del mondo è nota come “Ergonomics” o Ergonomia, secondo la definizione della International Ergonomics Association:
“L’Ergonomia (o scienza del Fattore Umano) è la disciplina scientifica che studia interazioni tra essere umano e gli altri elementi di un sistema applicando teorie, principi, dati e metodi per progettare allo scopo di migliorare il benessere umano e le prestazioni del sistema.”
Il Fattore Umano si riferisce a quegli elementi quali lavoro, organizzazione, e individuo che hanno influenza sul comportamento e dunque anche conseguenze sugli obiettivi di salute e sicurezza.
L’obiettivo primario dell’approccio “Fattore Umano” è il miglioramento del livello di affidabilità dell’operatore e più in generale del sistema all’interno del quale il singolo lavoratore opera, tenendo conto della complessità di tutti gli elementi con i quali egli si deve interfacciare. Ciò implica evidentemente la tendenza a minimizzare la presenza di errori: le più dirette applicazioni connesse agli studi sul fattore umano analizzano infatti l’errore umano, inteso come squilibrio tra le componenti del sistema “uomo-macchina-ambiente” che provoca un abbassamento dell’affidabilità dell’intero sistema anche se le singole componenti mantengono elevata affidabilità.
Per una corretta analisi di uno - o più - dei molteplici aspetti che caratterizzano un’Organizzazione, come ad esempio un’azienda, occorrerà dunque innanzitutto studiare l’Organizzazione nel suo complesso, quindi addentrarsi nell’insieme di relazioni che legano gli elementi, ovvero i materiali, le regole, le persone, che la costituiscono, per passare infine alla gestione dei “modi di essere ed agire” dei gruppi sociali di individui (comportamenti e aspetti psicosociali).
Le Organizzazioni svolgono le proprie attività attraverso l’impiego di due componenti fondamentali: le risorse materiali e quelle umane. È oramai diffuso l’uso del termine “Fattore Umano” per indicare l’insieme delle risorse umane e delle attività da queste svolte per conseguire i fini organizzativi: questa definizione include tre aspetti strettamente intercorrelati tra loro:
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Individuo: ovvero l’insieme delle competenze ed abilità, il vissuto personale, le motivazioni
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Lavoro: occorre considerare aspetti quali la natura del compito, il carico di lavoro, le procedure, strumenti e metodi di verifica e controllo, ambiente
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Organizzazione: e dunque leadership, struttura organizzativa, modalità comunicative, fini primari e secondari, valori condivisi.
Sebbene sia essenziale concentrare l’attenzione sull’individuo, sulla sua responsabilizzazione e sulle sue competenze, al fine di verificare che i suoi comportamenti siano congruenti con i fini ed i valori organizzativi, occorre prima di tutto intervenire a monte, ovvero sull’Organizzazione medesima e sulle modalità con le quali è gestito il lavoro, dal momento che i comportamenti delle figure appartenenti ai livelli operativi sono evocati da stimoli antecedenti e modificati da conseguenze che fanno capo alle scelte (o alla loro assenza o carenza) del vertice strategico.
Anche la normativa comunitaria ed italiana in materia di salute e sicurezza sul lavoro manifesta la consapevolezza dell’importanza del Fattore Umano e dell’implementazione di modelli organizzativi, imponendo attività di formazione ed informazione ed invitando a realizzare forme attive di coinvolgimento e partecipazione dei lavoratori; tali principi sono richiamati anche dalla norma BS OHSAS 18001:2007 e dalle linee guida Uni-Inail per i Sistemi di Gestione di Salute e Sicurezza sul Lavoro, che aggiungono l’esigenza di definire una gestione coordinata della comunicazione interna ed esterna.
Lo studio del Fattore Umano prende l’avvio dall’Ergonomia cognitiva, a partire dai lavori di Simon sulla teoria della razionalità umana sino alla teoria dell’errore umano di Reason negli anni ’90.
Ultimo aggiornamento: 15/06/2022