INAIL - Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro

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23/11/2012

Inail al processo Eternit: un contributo all’accertamento della verità

Una sentenza di grande rilievo giuridico: alla Conferenza governativa di Venezia l’avvocato generale, Luigi La Peccerella, ha analizzato i punti nodali di un verdetto che ha dato un contributo importante alla cultura della sicurezza sul lavoro e che si è avvalso del patrimonio informativo e dell’esperienza medico-legale dell’Istituto

la corte del processo Eternit

VENEZIA - Una sentenza che segna un passaggio importante nella cultura della sicurezza, in particolare per il suo valore di richiamo al livello di attenzione e consapevolezza richiesto a chiunque sia responsabile della salute dei lavoratori. Ma anche una sentenza che dimostra il contributo significativo dell'Inail - attraverso la sua costituzione di parte civile - all'accertamento della verità. Intervenendo, a Venezia, in occasione della seconda Conferenza governativa sulle patologie asbesto-correlate, l'avvocato generale dell'Inail, Luigi La Peccerella, ha messo in risalto i numerosi spunti di interesse giuridico che caratterizzano il verdetto del processo Eternit emesso dal tribunale di Torino il 13 febbraio scorso.

Gli ex vertici condannati a 16 anni. Il giudizio di primo grado, al termine di un procedimento durato due anni, ha visto la condanna a 16 anni - per i reati di disastro ambientale doloso e di omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche - di Stephan Schmidheiny e Louis de Cartier, ex vertici della multinazionale elvetica, ritenuti responsabili della morte - per patologie causate dall'esposizione alla fibra killer lavorata negli stabilimenti di Cavagnolo (Torino) e Casale Monferrato (Alessandria) - di 2.191 persone e della malattia di altre 665.

Esposizione e insorgenza delle patologie: un contributo di chiarezza. "Risulta evidente il rilievo annesso all'imputazione dei reati di disastro doloso e di rimozione od omissione dolosa delle cautele antinfortunistiche", ha rilevato La Peccerella, evidenziando la portata di una sentenza che attribuisce il massimo grado di colpa quando la violazione alle normativa sulla sicurezza sul lavoro mette in pericolo la pubblica incolumità. Ancora - procedendo in un'analitica ricostruzione del ciclo produttivo degli stabilimenti Eternit nei diversi decenni - il tribunale di Torino ha dato un forte contributo di chiarezza alla questione controversa del nesso causale tra l'esposizione alla inalazione di fibre di amianto e l'insorgenza del mesotelioma pleurico. Ribadendo principi enunciati dalla Corte di Cassazione, "viene confermata la validità degli studi di Selikoff, secondo il quale anche l'inalazione di una dose minima può essere determinante nell'innesco del mesotelioma - ha aggiunto La Peccerella - ma viene ancora una volta ribadito che sono rilevanti anche la durata e l'intensità dell'esposizione successiva a quella iniziale, sia in termini di potenziale causalità che di riduzione dei tempi di latenza o di decorso della malattia".

Utilizzati i documenti dell'Istituto. Entrando nel merito della costituzione di parte civile dell'Inail, l'avvocato generale ha sottolineato che intenzione dell'Istituto - come da prassi - non è stata ottenere la condanna degli imputati, quanto "fornire un contributo all'accertamento della verità, in particolare con riferimento ai livelli di sicurezza e agli eventi lesivi che ne sono conseguiti, apportando, a questo scopo, il proprio patrimonio conoscitivo". Un patrimonio al quale i giudici hanno attinto, in particolar modo per quanto riguarda la relazione della Contarp Inail del 1996 (utilizzata per la ricostruzione del ciclo produttivo dello stabilimento di Cavagnolo), la documentazione Inail del 1978 e 1979 (utilizzata per la ricostruzione del ciclo produttivo dello stabilimento di Rubiera) e le rilevazioni effettuate dall'Istituto nel 1973, relative alla concentrazione di fibre nello stabilimento di Casale Monferrato.

L'esperienza medico-legale dei sanitari. "La documentazione prodotta dall'Inail ha anche costituito uno degli elementi sui quali il Tribunale ha fondato il convincimento che l'azienda fosse a conoscenza dei rischi ai quali erano esposti i lavoratori e delle carenze delle misure di prevenzione utili ad abbattere, se non ad eliminare, il rischio", ha evidenziato La Peccerella. Altro contributo importante fornito dall'Istituto è stato a favore della ricostruzione del quadro complessivo delle patologie causate dall'asbesto al personale dei vari stabilimenti, e questo non solo grazie ai dati delle malattie professionali riconosciute dall'Inail, ma anche alla testimonianza dell'esperienza medico-legale maturata dai suoi sanitari.

"Le risorse recuperate impiegate a favore della prevenzione". Va sottolineata, infine, l'importanza del risultato economico legato alla costituzione di parte civile: una scelta motivata non dall'obiettivo di fare "cassa", ma per affermare un mezzo in grado di garantire adeguati livelli di tutela dei lavoratori. "L'esercizio dell'azione di rivalsa fa sì che i relativi oneri non gravino sulla generalità delle imprese, ma vengano posti a carico, entro i limiti del danno civile risarcibile, di coloro che colpevolmente li hanno causati - ha concluso La Peccerella - Il recupero di risorse finanziarie ne consente la riconduzione alla loro primaria finalità istituzionale, che è quella di essere impiegate per migliorare i livelli di salute e sicurezza sul lavoro, contribuendo così a prevenire gli eventi lesivi, invece di dover essere impegnate per far fronte alle conseguenze di infortuni sul lavoro e malattie professionali che sarebbero stati evitati con un comportamento improntato alla cultura della sicurezza".

(ls)

Per saperne di più:

Dossier amianto aggiornato con i lavori della seconda Conferenza governativa di Venezia

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