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09 giugno 2020

Nel nuovo numero di Dati Inail un approfondimento sulle rendite di inabilità permanente

Dall’analisi della Consulenza statistico attuariale dell’Istituto emerge che alla fine del 2018 le rendite in vigore erano oltre 600mila, di cui il 79,2% da infortunio e il restante 20,8% da malattia professionale

Nel nuovo numero di Dati Inail un approfondimento sulle rendite di inabilità permanente

Nel nuovo numero di Dati Inail un approfondimento sulle rendite di inabilità permanente

ROMA - Nell’ultimo decennio il numero delle rendite di inabilità permanente, costituite dall’Inail in favore di tutti i lavoratori assicurati che hanno subito un infortunio o una malattia professionale, è cresciuto dell’1,4% all’anno, passando dalle 12.860 del 2009 alle 14.615 del 2018. Mentre le nuove rendite da infortunio decrescono in media ogni anno dell’1,6%, quelle da malattia professionale aumentano mediamente del 7,3%.

Il riconoscimento delle patologie lavoro-correlate favorito da interventi normativi e campagne di sensibilizzazione. A fare il punto della situazione è il nuovo numero del mensile Dati Inail, a cura della Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, da cui emerge come l’andamento crescente delle costituzioni di rendite da malattia professionale sia stato determinato dagli interventi normativi e dalle campagne di sensibilizzazione che hanno favorito il riconoscimento delle patologie di origine professionale, con un elenco di malattie che godono della cosiddetta “presunzione legale d’origine”, che ha comportato sia l’aumento del numero di costituzioni di rendite, sia un sensibile cambiamento dell’insieme dei tecnopatici titolari di rendita.

Per i tecnopatici una mortalità elevata. Al 31 dicembre 2018 risultavano in vigore oltre 600mila rendite, di cui il 79,2% da infortunio e il restante 20,8% da malattia professionale. In particolare, la decrescita del 25,5% registrata tra il 2009 e il 2018 nel numero di rendite in vigore da malattia professionale, in controtendenza rispetto all’aumento delle costituzioni, è sicuramente imputabile all’elevata mortalità che caratterizza i tecnopatici, ai quali è spesso associata una patologia che si aggrava fino a causarne il decesso.

Dal luglio 2000 la disciplina di riferimento è quella del danno biologico. Dati Inail si sofferma anche sui cambiamenti normativi che negli ultimi due decenni hanno interessato l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. L’Inail, infatti, gestisce due collettivi di rendite per inabilità permanente: quello delle rendite con data evento precedente il 25 luglio 2000, disciplinate dal Testo unico (dpr n. 1124 del 30 giugno 1965), e quello delle rendite con data evento successiva, che fanno riferimento alla disciplina del danno biologico (dlgs n. 38 del 23 febbraio 2000).

Nella tabella delle menomazioni attribuiti gradi percentuali diversi rispetto al Testo unico del 1965. Nello specifico, le rendite disciplinate dal Testo unico prevedevano il solo ristoro del danno patrimoniale causato dalla diminuita attitudine al lavoro conseguente l’infortunio o la malattia professionale, mentre la disciplina di danno biologico ha introdotto l’indennizzo del “danno alla persona” e definito una nuova tabella delle menomazioni, attribuendo alle lesioni permanenti gradi percentuali diversi rispetto alla normativa precedente.

I due collettivi a confronto. Se il collettivo delle rendite di Testo unico è ormai “chiuso”, perché costituito da rendite i cui titolari presentano postumi stabilizzati, quello di danno biologico, invece, è “aperto” e in continua evoluzione. Questa evoluzione si riflette nella composizione percentuale delle rendite Inail in vigore alla fine di ogni anno. Nel 2009, infatti, quelle di danno biologico erano circa 68mila, pari all’8,9% del totale, mentre la stessa percentuale nell’arco di un decennio è salita fino al 25%, con oltre 150mila rendite su un totale di circa 600mila.

Il focus sulle rendite da infortunio in itinere. Il numero delle rendite da infortunio in itinere, avvenuto cioè nel percorso di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro, costituite in ciascun anno mostra, nel decennio 2009-2018, un calo complessivo di circa il 15%, con un trend in diminuzione (a eccezione degli anni 2016 e 2018) pari a circa l’1,6% medio annuo. In particolare, nel 2018 le rendite costituite in seguito a infortunio in itinere rappresentano il 19,3% del totale delle rendite di inabilità per infortunio. Il grado medio di inabilità per gli infortuni in itinere è pari a 28,2, più elevato di due punti rispetto al 26,2 degli infortuni avvenuti in occasione di lavoro. Dal punto di vista anagrafico, inoltre, i titolari di rendita da infortunio in itinere sono più giovani, con un’età media di 50,8 anni rispetto ai 55,9 anni dei titolari di rendita da infortunio in occasione di lavoro.

Il trend della speranza di vita. Analizzando il trend della speranza di vita nel periodo 1984-2016 per alcune età tipiche (30, 50 e 70 anni) dei titolari di rendita Inail, suddivisi per inabilità medio-bassa e alta, e mettendolo a confronto con quello della popolazione italiana nello stesso periodo, la Consulenza statistico attuariale sottolinea come si sia registrato un miglioramento della speranza di vita, sia per la popolazione generale che per gli inabili titolari di rendita dell’Istituto, più accentuato, come prevedibile, per quelli con inabilità medio-bassa rispetto a quelli con inabilità elevata. Il miglioramento della speranza di vita per i reddituari Inail più giovani (30 anni) con inabilità medio bassa è stato perfino più elevato di quello della popolazione italiana.

Le tavole di mortalità. Per monitorare periodicamente la sopravvivenza dei propri reddituari, l’Inail elabora tavole di mortalità delle rendite distinte per normativa di riferimento, tipologia di evento (infortunio sul lavoro o malattia professionale), classe di grado di inabilità permanente e tipologia di percettore di rendita (infortunato, tecnopatico, coniuge, figlio abile, figlio inabile, ascendente). Le categorie professionali più rappresentative, per le quali sono state elaborate le linee di mortalità, risultano essere quelle degli operai, degli impiegati e dirigenti, degli artigiani e dei lavoratori nell’agricoltura.

Differenze evidenti tra gli operai e le altre categorie professionali. L’analisi ha mostrato che la mortalità delle singole categorie professionali in alcuni casi risulta avere un andamento più alto rispetto a quello della mortalità della popolazione italiana, prendendo come riferimento i dati Istat del 2018. La mortalità degli operai, in particolare, dalle età centrali in poi risulta essere costantemente più elevata. L’andamento della speranza di vita dei collettivi oggetto di studio sottolinea in maniera ancor più evidente le differenze: la speranza di vita di un operaio risulta infatti essere sempre più bassa rispetto alle altre categorie professionali prese in considerazione.

Online i primi numeri tradotti in inglese. A oltre 20 anni dall’avvio delle pubblicazioni, il periodico statistico dell’Istituto ora parla anche inglese. Sono già disponibili online, infatti, le traduzioni dei primi tre numeri di Dati Inail del 2020, raccolte in una nuova sezione dedicata del portale. Questa novità è in linea con l’evoluzione delle attività dell’Istituto, sempre più coinvolto in collaborazioni nell’ambito della ricerca e della prevenzione anche a livello internazionale.