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27 settembre 2017
Al Trevignano FilmFest il documentario sul progetto della prima mano bionica tutta italiana
L’Inail protagonista all’interno della rassegna cinematografica con la testimonianza di Marco Zambelli, il primo paziente a sperimentare l’arto artificiale frutto della collaborazione tra il Centro Protesi di Vigorso di Budrio e l’Istituto Italiano di Tecnologia
Al Trevignano FilmFest il documentario sul progetto della prima mano bionica tutta italiana

“So come stringerti la mano e non farti male. Con questa è tutto più facile, quello che non riesco a percepire è solo il tuo calore”. Marco Zambelli aveva solo 15 anni quando, dopo un infortunio, gli fu costruita nel lontano 1968 la prima protesi “tridigitale” che andava a sostituirsi alla mano destra. Per cinquanta anni è stato in compagnia di protesi sempre più evolute, oggi è il primo paziente a sperimentare il nuovo arto bionico. Marco è stato il testimonial d’eccezione del progetto, frutto della collaborazione tra il Centro Protesi dell'Inail e l'IIT, sulla mano poliarticolata e polifunzionale “Softhand”, presentato nel pomeriggio di sabato 23 settembre, al Trevignano FilmFest, la rassegna cinematografica dedicata quest’anno al tema del futuro e all’impatto delle nuove tecnologie sul mercato del lavoro e sulla vita stessa delle persone. Ogni anno in Italia sono 3.600 i casi di malformazioni o amputazione degli arti superiori, e l’80 per cento di questi riguarda mano e dita e si determina sul lavoro. Inail, attraverso il Centro di Vigorso e la filiale di Roma, fornisce mediamente 21.000 prestazioni all’anno tra trattamenti protesici e forniture ausili, per un totale di 11.000 persone che per l’80 per cento sono assistiti dell’Istituto e per il 20 per cento dal servizio sanitario nazionale.
Mano protesica Inail-IIT, primo prototipo di mano artificiale poliarticolata e polifunzionale. Il progetto è nato alla fine del 2013 e si concluderà entro quest’anno. Tecnologia robotica ed esperienza riabilitativa unite insieme hanno creato un dispositivo composto da sensori e componenti hardware sviluppati dall’IIT e perfezionato attraverso le competenze tecniche del Centro Protesi Inail. Una mano artificiale, del peso di circa mezzo chilo, in grado di tagliare il pane, di portare i piatti, di versare l’acqua e bere, di spalmare il burro o la marmellata su una fetta di pane, o anche di piantare un chiodo. Un mezzo che in un prossimo futuro normalizzerà la vita di tante persone che hanno subito l’amputazione dell’arto. Grazie alla mano artificiale si potranno compiere in totale autonomia azioni anche complesse. I ricercatori prevedono la possibilità di riprodurre l’85% dei movimenti di cui è capace una vera mano. Nel distretto della mano, infatti, risiede la maggior parte delle capacità sensoriale dell’uomo, oltre che la capacità di presa e manipolazione degli oggetti.
“Ogni giorno è una vera sfida”. La proposta di una forma inedita di divulgazione scientifica al pubblico di una rassegna cinematografica ha suscitato molto interesse negli spettatori del FilmFest. La sperimentazione e i riscontri di gradimento del pubblico del filmato-documentario Inail-IIT, hanno superato i confini della visione classica di un festival di film per lo più di fiction. Al termine della proiezione tante le domande a Marco Zambelli, sulla sua vita di tutti i giorni e sulla mano, compagna fedele: “È cambiato il mio modo di pensare: la sento una parte di me stesso. Ogni giorno cerco di fare cose nuove. È una sfida: nelle varie attività quotidiane scopro cose a cui prima avevo rinunciato”, ha dichiarato Zambelli, intervistato da Enrico Cattaneo, in un dibattito che ha coinvolto anche Emanuele Gruppioni, ingegnere ricercatore dell’Inail, e Andrea Lince, ingegnere progettista dell’IIT. Affidabilità, efficienza energetica, recupero della funzionalità dell’arto: questi i risultati del lavoro condiviso dai due centri di ricerca in un progetto interamente made in Italy, come ha sottolineato Gruppioni. I ricercatori hanno spiegato al pubblico del Festival che la protesi, installata senza interventi invasivi, viene controllata attraverso un tendine artificiale da due sensori che recuperano e interpretano il segnale naturale dei muscoli residui sull’arto superiore, restituendo, dopo un apposito addestramento, un feedback sufficientemente chiaro per pianificare e compiere gesti che a volte riescono difficili persino ai normodotati.
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Pubblicazione
27/09/2017, 13:04
Ultimo aggiornamento
27/09/2017, 13:04
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