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09 maggio 2016
Riabilitazione e reinserimento, il focus di Inail e Issa su Germania, Polonia, Norvegia e Italia
Il seminario internazionale che si è svolto venerdì scorso a Roma, presso il Parlamentino di via IV Novembre, ha messo a confronto esperienze e modelli dei quattro Paesi, sia sotto il profilo delle innovazioni e delle scelte tecnologiche, sia rispetto al quadro normativo di riferimento
Riabilitazione e reinserimento, il focus di Inail e Issa su Germania, Polonia, Norvegia e Italia

ROMA - Riabilitazione e reinserimento sociale e lavorativo. Questo il tema al centro del seminario organizzato dall’Inail, in collaborazione con l’Associazione internazionale di sicurezza sociale (Issa), che il 6 maggio ha riunito a Roma, nel Parlamentino dell’Istituto di via IV Novembre, circa 80 delegati, tra cui i rappresentanti dell’Ente tedesco di assicurazione sociale (Dguv), dell’Istituto polacco di sicurezza sociale (Zus) e dell’organizzazione norvegese Rehabilitation International.
È l’ultimo atto di un percorso iniziato nel 2014. Come ricordato dal presidente dell’Inail, Massimo De Felice, nel suo intervento introduttivo, quello di venerdì è stato il terzo atto di un confronto tra esperienze europee che, dopo aver approfondito i temi della ricerca (nel 2014) e della prevenzione in collegamento con l’assicurazione (nel 2015), ha completato con la riflessione su riabilitazione e reinserimento “il reticolo delle azioni che caratterizzano le politiche di tutela dei lavoratori”. Anche se la prevenzione, sostenuta dalla ricerca, può ridurre la probabilità di infortunio e di malattia professionale, infatti, “riabilitazione e reinserimento restano impegni rilevanti, e qualificanti le istituzioni sociali, riconosciuti a livello internazionale”.
De Felice: “Dalla collaborazione in rete nuove opportunità”. Richiamando l’esperienza maturata dall’Istituto in questo ambito – dalla sperimentazione condotta presso il Centro Protesi di Vigorso di Budrio a partire dagli anni Sessanta fino alle collaborazioni avviate negli ultimi anni con realtà di eccellenza nella ricerca tecnologica – De Felice ha spiegato che “la logica della collaborazione in rete apre nuove opportunità per l’Inail”, che può promuovere la ricerca attraverso la tecnica del partenariato, integrare i processi di ricerca e l’esperienza d’uso, per migliorare e abbreviare i percorsi di trasferimento tecnologico, e individuare “soluzioni innovative per la gestione di brevetti industriali, che hanno alta valenza sociale”.
“Il problema è noto da tempo, resta da decidere il da farsi”. A proposito del reinserimento lavorativo degli infortunati, il presidente dell’Istituto ha sottolineato che i termini del problema, le finalità da raggiungere e le alternative percorribili sono noti e discussi da tempo. “Già negli anni Sessanta – ha precisato a questo proposito, citando l’esempio della sperimentazione condotta nello stabilimento di Monfalcone delle Officine Elettromeccaniche Triestine su un gruppo di operai infortunati – quello del reinserimento era considerato un processo complesso di recupero, rivalutazione sociale e riutilizzazione proficua del lavoratore”. Oggi, quindi, resta il “da farsi”: utilizzare i criteri dell’analisi costi/benefici, valutare le possibilità di intervento sui nuovi processi produttivi, considerare le nuove tecniche di formazione per avviare, eventualmente, ai nuovi mestieri chi ha subito un infortunio, “senza trascurare il possibile effetto disincentivante all’impegno soggettivo di un’indennità sostitutiva del reddito da lavoro”.
La definizione dei termini fondamentale per il confronto dei dati. Citando le linee guida dell’Issa sul ritorno al lavoro e il reinserimento e il Global Disability Action Plan 2014-2021 dell’Organizzazione mondiale della sanità, De Felice ha aggiunto che il monitoraggio e la valutazione delle azioni intraprese per essere efficaci richiedono “un modello di lettura del fenomeno, fondato su un’ontologia e un’architettura dei dati, che consenta di qualificare il caso di infortunio e/o malattia, di controllare nel tempo i risultati delle azioni lungo le fasi del programma di riabilitazione e di reinserimento, e il livello di conseguimento degli obiettivi di fase e finali”. L’attenzione alla definizione dei termini, ha precisato il presidente dell’Inail, “è fondamentale e preliminare anche per garantire i confronti internazionali”, perché la mancanza di una definizione condivisa rende impossibile la comparazione delle metodologie per la misurazione e la raccolta di dati e statistiche.
La relazione di Rampi (Civ). Questo concetto è stato ribadito anche dal presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Istituto, Francesco Rampi, nell’articolata relazione in cui ha messo a confronto i modelli per la riabilitazione e il reinserimento sociale e lavorativo di Germania, Polonia, Norvegia e Italia. “I sistemi di classificazione degli infortuni e delle malattie professionali nei quattro Paesi sono profondamente diversi – ha detto Rampi – così come evidenziato dalle organizzazioni internazionali e come si evince anche dai dati statistici analizzati relativi agli infortuni”.
“In Norvegia la tutela di base garantita dalla fiscalità generale”. Le differenze sono evidenti anche rispetto al quadro normativo di riferimento, alle tutele garantite ai lavoratori e ai soggetti assicuranti. “Con l’eccezione della Norvegia – ha precisato il presidente del Civ Inail – il sistema assicurativo dei Paesi presi in considerazione si caratterizza per la presenza di assicurazioni pubbliche obbligatorie monopolistiche. Nel caso della Norvegia, invece, vige un sistema a doppia via, con una tutela di base di carattere obbligatorio e pubblico, integrata da contratti – anch’essi obbligatori – con compagnie assicurative private liberamente scelte”. La Norvegia si distingue anche per i soggetti assicuranti obbligati, perché “l’iscrizione non onerosa dei singoli cittadini sostituisce l’accensione dell’assicurazione da parte degli imprenditori per la tutela di base, che è garantita dalla fiscalità generale”. In Polonia, invece, i coltivatori diretti, il cui ruolo è molto rilevante nel tessuto economico, “sono tutelati da una specifica assicurazione pubblica obbligatoria che gode di significative agevolazioni”. Germania e Italia, inoltre, “estendono le tutele oltre al luogo di lavoro anche all’itinere, mentre in Norvegia e Polonia questo rischio non è assicurato”.
La Germania e il modello “tutto da una sola mano”. La relazione di Rampi è proseguita con un’approfondita disamina delle differenze e omogeneità dei sistemi di welfare, nei quali i percorsi di riabilitazione sono fortemente condizionati dai rispettivi modelli socio-sanitari. In Germania, in particolare, “gli enti assicuratori applicano il cosiddetto modello ‘tutto da una sola mano’, che assegna loro la presa in carico dell’infortunato e del tecnopatico per tutti gli aspetti relativi al proprio percorso socio-sanitario”. Nel sistema tedesco è forte l’attenzione alla tempestività nella definizione di progetti individualizzati di riabilitazione e un’altra delle sue peculiarità è la presenza del rehabilitation manager/advisor, una figura professionale che nei casi valutati più significativi prende in carico globalmente il soggetto infortunato o tecnopatico e lo assiste per tutti gli aspetti di cui ha necessità.
Coinvolti i rappresentanti di Dguv, Zus e Rehabilitation International. Seguendo la formula già collaudata nelle due edizioni precedenti del seminario, i lavori sono proseguiti con due tavole rotonde alle quali hanno preso parte Edlyn Höller, direttrice Rapporto assicurativo dell’Ente per l’assicurazione infortuni (Dguv) della Germania, Elzbieta Szupien e Malgorzata Lipowska, rispettivamente coordinatore medico per l’attuazione del programma di riabilitazione e coordinatore medico per la certificazione sanitaria dell’Istituto polacco di sicurezza sociale (Zus), e Jan Monsbakken, presidente dell’organizzazione norvegese Rehabilitation International.
Necessarie risposte personalizzate. La prima tavola rotonda, sul tema “Tecnologia, riabilitazione e reinserimento”, è stata aperta dall’immagine di Marco Zambelli, il primo paziente del Centro Protesi di Vigorso di Budrio coinvolto nella sperimentazione della mano robotica sviluppata dall’Inail insieme all’Istituto italiano di tecnologia di Genova. Tra i temi emersi nel corso della discussione, alla quale ha preso parte anche Rinaldo Sacchetti, direttore tecnico dell’area Ricerca e formazione della struttura di Budrio, la necessità di fornire risposte personalizzate, “a misura del paziente”, e di favorire il più possibile la collaborazione tra i diversi attori coinvolti nei processi di riabilitazione e reinserimento sociale e lavorativo.
Leggi e direttive al centro della seconda tavola rotonda. Norme, regolamenti e standard europei sono stati invece il fulcro della seconda tavola rotonda moderata da Stefano Giubboni, professore di diritto del lavoro all’Università di Perugia e componente del comitato scientifico della Rivista degli Infortuni Inail, nella quale è intervenuto anche Luigi La Peccerella, già avvocato generale dell’Inail. Ne è seguito un confronto sui rispettivi ordinamenti nazionali in tema di riabilitazione, reinserimento e ricollocazione dei lavoratori colpiti da infortunio o malattia professionale e sulle ricadute concrete, in ciascun contesto nazionale, dell’articolo 5 della Direttiva 2000/78/CE, che ha stabilito l’obbligo generale di adottare soluzioni favorevoli in favore dei disabili, anche al fine del mantenimento del posto di lavoro.
Konkolewsky (Issa): “Investire in riabilitazione conviene”. Le conclusioni sono state affidate anche quest’anno al segretario generale dell’Issa, Hans-Horst Konkolewsky, che ha sottolineato come le iniziative per la riabilitazione e il reinserimento dei lavoratori rivestano una grande importanza per la sicurezza sociale, in un contesto caratterizzato dal progressivo invecchiamento della popolazione attiva europea. “Il 45% delle lavoratrici che oggi hanno 35 anni – ha sottolineato Konkolewsky – sarà disabile prima di aver raggiunto l’età della pensione. La stessa percentuale è pari al 40% tra gli uomini. È necessario, quindi, concentrarsi di più sulla promozione della salute e sulle iniziative che favoriscono il reintegro e il ritorno al lavoro di chi subisce un infortunio o una malattia professionale. Anche perché, come si è già visto con la prevenzione, anche gli investimenti nella riabilitazione producono un ritorno economico”. Per dimostrarlo, l’Issa ha avviato un progetto in Germania insieme alla Dguv.
ALLEGATI
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Seminario Europeo 6 maggio 2016 Relazioni De Felice Rampi
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Pubblicazione
9/05/2016, 16:15
Ultimo aggiornamento
9/05/2016, 16:15
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