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Lavoro nei paesi extraeuropei non convenzionati

La tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei lavoratori trasferiti o assunti per essere impiegati all’estero in un Paese extracomunitario non legato all'Italia da accordi internazionali di sicurezza sociale, è disciplinata dalla legislazione nazionale, e più precisamente – ad eccezione dei casi di trasferta- dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398, emanata a seguito della sentenza n. 369/85 della Corte costituzionale che, sulla base dell'art. 35, comma 4, della Costituzione, ha riconosciuto la libertà di emigrazione e la tutela del lavoro italiano all’estero, con l'obbligo contributivo in Italia per i datori di lavoro italiani e stranieri che inviano i lavoratori in Paesi non convenzionati. 

Pur riferendosi il testo normativo ai “lavoratori italiani”, il campo di applicazione della citata normativa è stato esteso, in osservanza del principio di non discriminazione, anche ai lavoratori cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea.

La normativa esplica i suoi effetti anche nei confronti delle assicurazioni non contemplate in alcune convenzioni bilaterali cosiddette “parziali” (ad esempio, nella convenzione con l’Australia - Stato del Victoria che non prevede l’istituto del distacco). 

Ai fini della tutela assicurata dall’Inail il datore di lavoro è tenuto a versare all’Istituto il relativo premio assicurativo. Il premio dovuto è calcolato tenendo conto delle lavorazioni svolte dal lavoratore e applicando il tasso previsto dalle tariffe vigenti in ambito nazionale. Le retribuzioni da considerare ai fini del calcolo del premio dovuto sono le “retribuzioni convenzionali” fissate annualmente con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (art. 36 L. 342/2000), per settori omogenei, alla luce dei contratti collettivi nazionali di categoria (art. 4, comma 1).

La previsione di retribuzioni convenzionali è giustificata dalla circostanza che in tali casi, non sussistendo un coordinamento delle legislazioni nazionali di sicurezza sociale, il lavoro svolto all'estero può essere soggetto ad una doppia contribuzione, quella vigente in Italia e quella vigente nel Paese di occupazione, qualora in esso viga un sistema previdenziale obbligatorio. 

Se l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è obbligatoria anche nello Stato estero, il datore di lavoro che dimostri di avere ottemperato a tali obblighi nello Stato estero può, con apposita istanza da rivolgere al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ottenere una riduzione del premio assicurativo dovuto ai sensi della legislazione italiana.

La società straniera che non ha una filiale sul nostro territorio provvede, tramite procura conferita con atto pubblico, alla nomina di un rappresentante previdenziale conferendo apposito mandato ad un soggetto residente in Italia affinché possa agire in nome e per conto della società estera, adempiendo agli obblighi previdenziali e assicurativi.

Per quanto riguarda, invece, i lavoratori inviati in trasferta in Paesi extracomunitari non convenzionati rimangono assoggettati alla legislazione italiana, con conseguente applicazione del Testo unico D.p.r n. 1124/65, anche ai fini del premio assicurativo. La trasferta è da intendersi quale mutamento temporaneo del luogo di lavoro con previsione certa del rientro in tempi non lunghi nella sede di provenienza, si applica la normativa italiana.

Per il lavoro da remoto o i nomadi digitali, il decreto interministeriale del 29 febbraio 2024, attuativo delle disposizioni del Decreto Sostegni ter (art. 6 quinquies del d.l. n. 4/2022, convertito in l. n 25/ 2022) ha definito le “modalità e requisiti per l’ingresso ed il soggiorno dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea che svolgono un’attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto.”

Il decreto definisce all’articolo 2, quale “nomade digitale”, lo straniero che svolge attività di lavoro autonomo attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto; mentre qualifica quale “lavoratore da remoto”, lo straniero che, attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto, svolge attività di lavoro subordinato o di collaborazione secondo le modalità di cui all’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

Per quanto concerne l’aspetto della tutela assicurativa, il decreto specifica, all’articolo 5, che per tali lavoratori stranieri, soggetti alla legislazione sociale di un paese terzo, trovano applicazione le disposizioni previste dalle convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale stipulate tra Italia e il Paese terzo interessato oppure, in assenza di tali convenzioni, si applica la legislazione italiana, in relazione alla durata del permesso di soggiorno. La questura comunica il rilascio del permesso di soggiorno, trasmettendo copia del contratto di lavoro o collaborazione, alle competenti sedi territoriali dell’Istituto nazionale di previdenza sociale e dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro per le verifiche di competenza.

In caso di applicazione della legislazione italiana è posto a carico della società straniera/datore di lavoro l’obbligo di versare all’Inail il relativo premio assicurativo.

Le aziende straniere che non hanno strutture in Italia devono nominare un rappresentante previdenziale e richiedere all’Agenzia delle Entrate il rilascio di un codice fiscale. L’azienda straniera, ai fini dell’apertura di una posizione assicurativa presso la sede Inail territorialmente competente, trasmette tutta la documentazione necessaria, comprensiva dei dati identificativi del soggetto estero e del rappresentante legale con relativo mandato, dell’eventuale rappresentante previdenziale con relativo mandato, della sede legale estera e relativa attività economica esercitata.