La definizione più diffusa di Sviluppo sostenibile è quella fornita nel 1987 dalla World Commission on Environment and Development delle Nazioni Unite secondo la quale: “L’umanità ha la possibilità di rendere sostenibile lo sviluppo, cioè di far sì che esso soddisfi i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità delle generazioni future di rispondere ai loro”. In tale contesto il ricorso alla cosiddetta Green Economy contribuisce in maniera incisiva a preservare o restaurare la qualità ambientale e rappresenta una strategia fondamentale per superare la crisi economica ed ambientale.
La strategia europea punta infatti a fare del binomio sostenibilità-occupazione la carta vincente dell’economia del prossimo decennio, prevedendo importanti obiettivi in materia di clima ed energia. In tale contesto lo sfruttamento delle fonti rinnovabili è cresciuto come pochi altri comparti tecnologici e, anche se si è ancora lontani da una vera e propria transizione verso tale tipo di energia, questo indirizzo sta comportando variazioni nel mercato del lavoro.
Il quadro dell’Unione Europea per le politiche dell'energia e del clima ha come obiettivi chiave per il 2030:
- una riduzione almeno del 40% delle emissioni di gas a effetto serra (rispetto ai livelli del 1990);
- una quota almeno del 32% di energia da fonti rinnovabili;
- un miglioramento almeno del 32,5% dell'efficienza energetica;
- portare il contributo dei biocarburanti (bioetanolo, biometano, idrogeno) al 14% nel settore dei trasporti;
- valorizzazione della sostanza organica di scarto (economia circolare).
In materia di economia circolare, la strategia europea a lungo termine è quella di coinvolgere le aziende nel realizzare prodotti con materiali nuovi, interamente riutilizzabili che non generino scarti, mentre quella a breve e medio termine è di gestire gli scarti prodotti in modo più responsabile, attraverso il riutilizzo ed il riciclo. Tra gli obiettivi delle nuove direttive europee del pacchetto economia circolare si prevede:
- il riciclo entro il 2025 per almeno il 55% dei rifiuti urbani (60% entro il 2030 e 65% entro il 2035);
- la riduzione dello smaltimento in discarica (fino ad un massimo del 10% entro il 2035);
- il 65% degli imballaggi dovrà essere riciclato entro il 2025 e il 70% entro il 2030, con percentuali diverse per ogni materiale;
- i rifiuti tessili e i rifiuti pericolosi delle famiglie (come vernici, pesticidi, oli e solventi) dovranno essere raccolti separatamente dal 2025;
- sempre a partire dal 2025, i rifiuti biodegradabili dovranno essere obbligatoriamente raccolti separatamente.
Una economia circolare basata sulla riduzione al minimo dei flussi di rifiuti e sul loro utilizzo come risorse, comporta necessariamente implicazioni di Salute e Sicurezza del Lavoro (SSL). L'automazione e la digitalizzazione delle sale di controllo dei nuovi impianti industriali attraverso l'utilizzo di tecnologie più moderne sta cambiando anche le condizioni di lavoro per gli operatori. Alcune attività verranno omesse mentre altre attività verranno modificate o aggiunte, ma è necessario valutare i pericoli connessi ad esempio, ai nuovi materiali e nuove sostanze nel flusso di rifiuti da sottoporre a riciclo. La scarsa qualificazione dei lavoratori, il ricorso all’outsourcing, o l’eccessivo affidamento su processi automatizzati, possono comportare ulteriori rischi professionali e quindi la regolamentazione, la standardizzazione e la documentazione sono fondamentali per la gestione della SSL.
Un ruolo crescente nel riciclare, ridefinire e rinnovare prodotti e processi di molti settori produttivi tradizionali è assegnato alle biotecnologie industriali (white biotech), un comparto cresciuto in maniera significativa negli ultimi anni con numerose applicazioni. Le biotecnologie industriali forniscono un contributo fondamentale nel settore del risanamento ambientale, della chimica fine e dell’energia: permettono di ottenere prodotti bio-based ad alto valore aggiunto a partire da risorse rinnovabili, come le biomasse (di prima, seconda e terza generazione), attraverso i processi di bioraffineria.
Considerato il contributo che verrà dato all’industria chimica dai processi biotecnologici, deve essere parallelamente avviato lo studio della sicurezza di questi processi industriali. Vanno presi in esame i potenziali pericoli connessi alle sostanze prodotte (biometano, bioetanolo, bioidrogeno) o utilizzate nel ciclo produttivo, alla manipolazione di materiali organici complessi, quali residui agroindustriali, rifiuti, effluenti zootecnici, ecc., all’esposizione a polveri organiche, polveri di legno e quelli connessi all’utilizzo in ambiente confinato (bioreattori) di microrganismi anche geneticamente modificati e/o enzimi. In questa ottica, è necessario e particolarmente rilevante studiare la gestione della sicurezza relativa al rischio incidentale, che include anche quello di esplosione, derivante dalla natura di alcuni composti prodotti e/o stoccati (biogas, bioetanolo, bioidrogeno). Relativamente ai prodotti chimici, anche se la quantità di reagenti pericolosi in un processo di bioraffineria è notevolmente ridotta rispetto agli impianti chimici tradizionali, l’impiego di alcune sostanze chimiche si rende comunque necessario nei processi di downstream di estrazione, purificazione ecc.
Il Dipartimento DIT dell’INAIL svolge da anni attività di ricerca sugli aspetti di sicurezza delle biotecnologie industriali nell’ottica di rafforzare il principio che lo studio della sicurezza deve essere inserito a monte dello sviluppo industriale, fin dal progetto di ricerca stesso. Spesso, infatti, una delle principali criticità consiste nell’uso di criteri di valutazione della sicurezza “a valle del processo” e tale approccio non risulta appropriato. Tenuto conto del gran numero di diversi sistemi impiantistici a disposizione, è necessario stabilire i livelli di sicurezza per ciascun sistema, con un’analisi dei pericoli e dei punti critici con un processo di validazione, controllo e monitoraggio per la proposta di soluzioni di controllo dei rischi “su misura” in base alle dimensioni, tipologie delle aziende coinvolte e delle relative capacità organizzative/gestionali. Tra le principali attività effettuate ed in corso di svolgimento vanno annoverate:
- studi e ricerche per sviluppare e validare metodiche e procedure finalizzate a migliorare il livello di sicurezza delle tecnologie per lo sviluppo ecosostenibile. In questo ambito, è in corso di svolgimento lo sviluppo di procedure finalizzate a ridurre il margine di incertezza relativo alla classificazione delle zone Atex negli impianti di produzione di biocombustibili e nei depositi dedicati al loro stoccaggio;
- la definizione di approcci di valutazione e gestione della sicurezza di processi industriali (con particolare riferimento alla produzione di biocombustibili), basati su modelli di economia circolare. In questa ottica, verranno condotti studi finalizzati a sviluppare un approccio metodologico volto a ridurre il livello di pericolosità delle zone Atex negli impianti (luoghi indoor) di produzione di biocombustibili;
- In riferimento allo sviluppo di approcci per la valutazione dei rischi occupazionali di bioprocessi nel settore delle bioraffinerie per la produzione di prodotti bio-based, l’attività di ricerca è rivolta alla valutazione del biohazard connesso all’impiego di biomasse di seconda e terza generazione negli impianti biotecnologici per la produzione di biogas agricolo, di bioetanolo di seconda generazione da residui lignocellulosici e di altri prodotti ad alto valore aggiunto da biowaste;
- Nel settore della gestione della sicurezza di tecnologie sostenibili per la bonifica dei siti contaminati in una visione di economia circolare, sono in corso studi e ricerche su strategie innovative di biorecupero anche attraverso la mycoremediation (grey biotech). In tale ambito verranno condotte ricerche mediante tecnologie del sequenziamento del DNA di nuova generazione e nanobiosensori biodegradabili finalizzate alla identificazione accurata del biohazard, incluso patogeni emergenti ed opportunisti.