Le fibre naturali derivano da materiali che si reperiscono direttamente in natura: possono essere di natura inorganica (minerali) o organica (vegetali o animali).
Diversi minerali in natura hanno abito fibroso. Caratteristiche di pericolosità simili all’amianto (cui è dedicata una specifica sezione di Conoscere il rischio) sono attribuite alla fluoro-edenite, cavata a Biancavilla, in Sicilia, fino alla fine degli anni ’90, e all’erionite, minerale del gruppo delle zeoliti.
Dal 2008, con decreto del Ministero del lavoro, le malattie causate dall’inalazione di fibre di erionite (placche ed ispessimenti pleurici, mesotelioma pleurico e mesotelioma peritoneale) sono inserite nelle “Nuove tabelle delle malattie professionali nell'industria e nell'agricoltura” per le lavorazioni di estrazione e utilizzazione.
Per la Iarc l’erionite è un cancerogeno di gruppo 1 come l’amianto. In Italia non sono presenti attività di estrazione da giacimenti di erionite, anche se questo minerale è stato rinvenuto in aree vulcaniche di diverse regioni italiane. Oltre al rischio ambientale e nelle attività di scavo, dovuto alla sua presenza in affioramento nella roccia che la contiene, l’erionite potrebbe trovarsi in associazione con altre zeoliti utilizzate industrialmente.
Per altre fibre minerali, come quelle di wollastonite, attapulgite e sepiolite, la reale pericolosità è ancora oggi in discussione. Queste fibre hanno solubilità più elevata nei liquidi dell’organismo, quindi biopersistenza ridotta e tossicità presumibilmente molto inferiore a quella dell’amianto.
Le fibre naturali di origine vegetale, come la juta, il sisal, la canapa, la fibra di cocco, il lino, e quelle di origine animale, come la lana, il pelo di molti animali e la seta, sono impiegate soprattutto nell’industria tessile, rappresentando quasi la metà delle fibre utilizzate nel mondo e milioni di lavoratori sono esposti alla loro inalazione.
L’esposizione professionale a questo tipo di fibre viene però più frequentemente considerata assimilabile a quella delle polveri piuttosto che a quella delle fibre. Polverosità elevate sono state misurate nell’industria tessile, con effetti sulla salute quali l’incremento di malattie ostruttive polmonari e di bronchiti, ma non un aumento di mesoteliomi o cancro ai polmoni. In base alle conoscenze attuali, gli effetti sulla salute non sembrano dovuti alla forma fibrosa delle particelle ma piuttosto alle sostanze chimiche e ai microorganismi presenti sulla superficie delle fibre.
Le fibre sintetiche sono prodotte artificialmente dall’uomo a partire da polimeri ottenuti tramite sintesi chimiche e costituiscono materiali con caratteristiche chimico-fisiche che li rendono particolarmente utili ed apprezzati in molteplici processi industriali come isolanti elettrici in motori, cavi, fili, isolanti acustici negli edifici, materiali di rinforzo in campo navale, aeronautico ed automobilistico ecc.
Si riporta di seguito una schematizzazione dei tipi di materiali fibrosi artificiali.
Fibre artificiali
Inorganiche |
Organiche |
vetrose |
cristalline |
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Lana di vetro |
Fibre policristalline (Fpc) |
Carboniose |
Lana di scoria |
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Poliolefiniche |
Lana di roccia |
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Poliestere |
Fibre ceramiche |
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Poliacrilonitrile |
Microfibre vetrose |
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Aramidiche |
Fibre per scopi speciali |
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Polivinilalcool |
Filamento |
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Cellulosiche |
Le fibre artificiali rivestono una grande importanza nel campo dell’igiene industriale per i riconosciuti effetti negativi sull’organismo sia per via inalatoria che per via cutanea. La Commissione consultiva tossicologica nazionale si è espressa nel 1988 sulle MMMF (Man made mineral fibres) classificando la lana di vetro, di scoria, di roccia e le fibre ceramiche refrattarie nella categoria 3: “sostanza da considerare con attenzione per i possibili effetti cancerogeni sull’uomo”.
Nella sua monografia del 2002, la Iarc ha classificato nel gruppo 3 (“non classificabile cancerogeno per l’uomo”) la lana di vetro, di roccia, di scoria e le fibre di vetro a filamento continuo, inserendo nel gruppo B2 (“possibile cancerogeno per l’uomo”) le fibre ceramiche refrattarie e le fibre per scopi speciali. La Comunità europea, con direttiva 97/69/CE, ha ricompreso le MMVF (Man made vitreous fibres) nell’elenco delle sostanze cancerogene di seconda e terza categoria, quindi sottoposte a disciplina specifica per imballaggio ed etichettatura.
Le fibre vetrose comprendono un ampio spettro di fibre inorganiche che, con la messa al bando dell’amianto, hanno assunto, per le loro caratteristiche di isolamento termico ed acustico, una rilevante importanza commerciale ed un largo impiego in diversi settori tra cui quelli dell’edilizia, del tessile e dei prodotti plastici.