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Valutazione del rischio

Il Titolo IX, capo I del d.lgs. 81/2008 tratta la valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi negli ambienti di lavoro.

La valutazione deve considerare le principali vie di introduzione degli agenti chimici nel corpo umano, in particolare quella respiratoria per inalazione, e quella per assorbimento cutaneo.

In caso di attività lavorative che comportano l’esposizione a più agenti chimici pericolosi, è necessario valutare il rischio risultante dalla combinazione di tutti gli agenti chimici. Se si avvia una nuova attività con presenza di agenti chimici pericolosi, è necessario svolgere preventivamente la valutazione del rischio, e attuare le relative misure di prevenzione.

Se il risultato della valutazione svolta dimostra che, in relazione al livello, al modo e alla durata dell’esposizione ad agenti chimici pericolosi e delle circostanze in cui viene svolto il lavoro, vi è un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori, e se si dimostra che l’adozione di misure generali di prevenzione è sufficiente a eliminare o ridurre il rischio, allora non è necessario adottare:

  • disposizioni in caso di incidenti o di emergenze
  • misure specifiche di prevenzione e protezione
  • sorveglianza sanitaria
  • cartelle sanitarie e di rischio.

La valutazione va in ogni caso aggiornata periodicamente e ogni volta che intervengono mutamenti notevoli.

 

Per la misurazione dell’esposizione respiratoria a gas e vapori aerodispersi si è soliti distinguere tra due tipi di prelievo:

  • prelievi personali, che si realizzano facendo indossare ai lavoratori i dispositivi di campionamento. Questa risulta essere la miglior tecnica, in quanto consente di captare l’inquinante presente in prossimità della zona respiratoria per tutta la durata del campionamento, seguendo gli operatori nei loro effettivi spostamenti
  • prelievi ambientali (in un punto fisso), qualora le apparecchiature di campionamento siano montate in posizione fissa nell’ambiente di lavoro. Se vengono utilizzati ai fini del confronto con i valori limite di riferimento, occorre dimostrare che i prelievi ambientali registrino accuratamente l’esposizione occupazionale: ciò comporta una conoscenza dettagliata delle mansioni svolte e degli spostamenti dell’operatore nell’arco del turno di lavoro. I campioni dovrebbero essere captati per quanto possibile all’altezza delle vie respiratorie e nelle immediate vicinanze degli addetti. Nel caso in cui non si riesca a individuare un punto rappresentativo delle condizioni di esposizione, va scelta come posizione per la misurazione quella che si ritiene di maggior rischio (ad esempio per la vicinanza a specifiche sorgenti di emissione di inquinanti).

I prelievi possono essere finalizzati a misurazioni speditive (screening preliminare), per ottenere informazioni riguardo la presenza o meno di una determinata sostanza e per avere un’idea approssimativa della sua concentrazione (fiale colorimetriche, analizzatori portatili, dosimetri), oppure a misurazioni quantitative più accurate, per l’accertamento della concentrazione reale di una data sostanza; queste ultime prevedono l’uso di sistemi di prelievo e misura più sofisticati (campionatori attivi e passivi, supporti adsorbenti come fiale e filtri, misuratori di flusso come flussimetri e rotametri, strumentazione analitica di laboratorio).

Allegati

L’accertamento dell’esposizione professionale a polveri può essere orientato alla conoscenza di diverse grandezze:

  • la natura delle polveri da campionare
  • la loro distribuzione granulometrica (cioè la distribuzione dell’aerosol in classi dimensionali, determinate dalla conoscenza del diametro aerodinamico*)
  • la concentrazione in polveri totali aerodisperse (o delle polveri appartenenti a una particolare frazione granulometrica di interesse).

La concentrazione delle polveri aerodisperse è definita come numero o come massa di particelle presenti in un determinato volume di aria. Nel primo caso l’unità di misura è (numero di particelle)/cm3 e nel secondo mg/m3; ai fini della valutazione del rischio di esposizione professionale a polveri, i metodi di campionamento e di analisi più diffusi determinano la massa per unità di volume di aria. La misura della concentrazione delle polveri aerodisperse totali si effettua facendo passare un volume noto di aria attraverso un filtro e pesando il particolato raccolto. La norma UNI EN 481:1994 definisce le convenzioni per il campionamento di particelle caratterizzate da diverse frazioni granulometriche.

Si distinguono le convenzioni per:

  • la frazione inalabile, che è frazione di massa delle particelle aerodisperse totali che viene inalata attraverso naso e bocca;
  • la frazione toracica, la frazione in massa delle particelle inalate che penetra oltre la laringe;
  • la frazione respirabile, definita come la frazione in massa delle particelle inalate che penetra nelle vie respiratorie non ciliate.

La selezione della frazione granulometrica di interesse (respirabile, toracica o inalabile) avviene attraverso la scelta di un opportuno selettore, consistente in un dispositivo avente precise caratteristiche costruttive e funzionante imponendo un flusso di aspirazione tale che venga garantito il rispetto della convenzione adottata.

* Il diametro aerodinamico è definito come il diametro di una particella sferica di densità unitaria avente la stessa velocità di sedimentazione della particella in questione.

Molte sostanze chimiche sono facilmente assorbite attraverso la pelle, costituendo in alcuni contesti una frazione significativa, se non addirittura prevalente, rispetto a quella assorbita per inspirazione; ciò è vero soprattutto nel caso di sostanze poco volatili (a bassa tensione di vapore) che possono permanere per lungo tempo sulle superfici negli ambienti di lavoro (come ad esempio i fitofarmaci nel caso delle coltivazioni in serre, per i quali la dose assorbita per via cutanea si attesta su rapporti da 50 a 1.000 volte superiori rispetto a quella introdotta per la via respiratoria).

Le principali modalità di ingresso delle sostanze chimiche nell’organismo consistono nel contatto con superfici contaminate, nell’immersione di parti del corpo in recipienti o serbatoi contenenti liquidi, nella deposizione sulla pelle di aerosol, fumi e getti di goccioline (spray).

I fattori che influenzano l’assorbimento sono la velocità di deposizione dell’inquinante sulla pelle, il livello di protezione fornito dagli indumenti, la durata del contatto con la sostanza e il suo tempo di permanenza sulla pelle, la velocità di permeazione attraverso la pelle. 

I principali metodi per la valutazione dell’esposizione cutanea sono di tipo personale e consistono in:

  • dosimetria a corpo intero o parziale: il lavoratore indossa durante il lavoro indumenti (guanti, magliette, tute, ecc.) realizzati in materiali particolari, che a fine turno sono recuperati e trattati per estrarre e analizzare le sostanze trattenute. Questa tecnica viene anche utilizzata per individuare le parti del corpo più esposte alla contaminazione, in modo da indirizzare nell’implementazione di altri tipi di tecniche
  • dosimetria con uso di pads e patch: su specifiche parti del corpo sono applicati dei riquadri di tessuto aventi superficie nota, realizzati in vari materiali (cosiddetti pads o patches), che a fine turno sono asportati e inviati al laboratorio per l’analisi. Tali riquadri possono essere anche posti al di sotto degli indumenti per investigarne la capacità di protezione o per misure di confronto
  • wipe test: aree limitate di cute sono frizionate con tamponi in garza o carta, successivamente inviati all’analisi
  • lavaggio: questa tecnica è utilizzata principalmente per le mani. A fine turno si lavano le mani con un volume noto di adatti solventi (acqua contenente tensioattivi, etanolo, isopropanolo, ecc.), dopodiché il liquido viene raccolto e inviato all’analisi.

Non esistono limiti di riferimento di legge per l’esposizione cutanea.

Molti dei modelli utilizzati per la valutazione del rischio chimico utilizzano algoritmi che assegnano un punteggio ai vari fattori considerati (quantità, durata e modalità dell’esposizione, pericolosità, ecc.), che vengono tra loro combinati in un’equazione che tiene conto di tutti i singoli contributi.

L’indice numerico fornito in uscita dall’algoritmo, collocato all’interno di una scala di valori, definisce il livello di rischio presente nella situazione sotto esame. Questi modelli utilizzano generalmente come punto di partenza la classificazione di pericolo delle sostanze deducibile dall’etichettatura o dalle schede dati di sicurezza, ed assegnano un valore di riferimento ad ogni frase di rischio relativa alla sostanza pericolosa.

L’attendibilità dei modelli di calcolo, che per quanto sofisticati conservano dei limiti intrinseci perché operano semplificazioni rispetto alla reale situazione lavorativa, dipende dalla completezza con cui sono valutati tutti i parametri che descrivono le diverse realtà lavorative (quali gli effetti sinergici, le caratteristiche chimico-fisiche e tossicologiche) e anche dal fatto che il modello sia stato validato con riferimento a situazioni reali (e quindi ad esempio per confronto con dati effettivi di monitoraggi ambientali e personali) al fine di ottimizzare i pesi dei vari parametri.

Inoltre, l’utilizzo dei modelli deve essere affidato a personale competente, soprattutto quando l’individuazione delle sostanze chimiche pericolose richiede conoscenze specifiche in merito agli inquinanti che si sviluppano durante particolari lavorazioni (e che quindi non si possono desumere dall’analisi delle schede dati di sicurezza) quali p.e. la saldatura, la fusione e lo stampaggio di materie plastiche.

Tra i modelli liberamente disponibili per la valutazione del rischio per la salute si segnalano:

  • MoVaRisCh - Modello di Valutazione del Rischio Chimico - proposto dagli Assessorati alla Sanità delle regioni Emilia Romagna, Toscana e Lombardia
  • Euses - European Union System for the Evaluation of Substances - definito a livello comunitario per la valutazione quantitativa del rischio rappresentato dalle sostanze chimiche nei confronti dell’uomo e dell’ambiente
  • Ecetoc Tra - sviluppato da una associazione costituita da primarie industrie europee, e citato dall’Echa tra quelli utilizzabili per l’effettuazione della - Chemical Safety Assessment (Csa) in ambito Reach
  • Stoffenmanager - un prodotto del Ministero Olandese per gli Affari Sociali e l’Impiego che risiede su una piattaforma web e che è stato validato con dati sperimentali.

Altri modelli liberamente disponibili sono invece rilasciati per specifici comparti lavorativi, come ad esempio Laborisch, un prodotto sviluppato dall’Università Politecnica delle Marche nell’ambito di una ricerca sostenuta dall’Inail, che risiede su una piattaforma accessibile come applicativo web, ed il modello n. 73/2011 descritto nel Manuale Ispra - Sistema delle Agenzie ambientali Arpa-Appa, entrambi utilizzabili per la valutazione del rischio nei laboratori chimici.

Va infine detto che sono reperibili anche applicativi commerciali per la valutazione del rischio chimico.