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Ambienti di lavoro

Il datore di lavoro è tenuto a valutare i rischi per la salute derivanti dall'esposizione agli agenti biologici presenti nell'ambiente di lavoro.

Il rischio biologico può essere sia deliberato (ovvero gli agenti biologici sono introdotti o presenti in maniera deliberata nell’ambito del ciclo produttivo) sia potenziale od occasionale. Sulla base degli esiti della valutazione è poi tenuto a porre in atto le misure necessarie a ridurre o eliminare, se possibile, l'esposizione agli agenti potenzialmente patogeni.

Nella prima fase della valutazione del rischio biologico è necessario identificare le fonti di pericolo, gli agenti biologici pericolosi anche potenzialmente presenti e stimare l'entità dell'esposizione. A tal fine, prima di definire eventuali campagne di monitoraggio, il datore di lavoro è tenuto a utilizzare tutte le fonti scientifiche e informative disponibili, con particolare riguardo a quelle che si riferiscono al comparto e agli agenti biologici di specifico interesse.

Il rischio biologico può essere considerato senza dubbio trasversale ai diversi luoghi di lavoro. Infatti, sebbene ambiti lavorativi come quello sanitario, veterinario, zootecnico o dei rifiuti siano particolarmente interessati dalla presenza di agenti biologici per il tipo di attività svolta, non va trascurata la presenza di agenti biologici che talvolta può anche essere anche significativa per particolari situazioni di epidemie o focolai, in luoghi quali uffici, scuole, caserme, alberghi, mezzi di trasporto pubblici.

Alcune attività lavorative sono state analizzate nel dettaglio allo scopo di definire i rischi biologici presenti. I dati raccolti, diffusi tramite opuscoli, articoli scientifici e linee guida offrono a chi opera nel settore della salute e sicurezza sul lavoro, un valido ausilio per la strutturazione gli interventi necessari alla corretta valutazione dei rischi biologici e alla loro gestione.

Molto è stato prodotto sugli ambienti indoor, intesi come ambienti confinati di vita e di lavoro non industriali (abitazioni, uffici pubblici e privati, ospedali, scuole, caserme, alberghi, banche, cinema, mezzi di trasporto pubblici e/o privati ecc.), ma anche su molte attività produttive: falegnamerie, produzione di vino e olio, allevamento di animali, lavorazione delle carni e altri derivati animali ecc.

 

Il settore manifatturiero include attività lavorative impegnate nella trasformazione di numerose materie prime, molte delle quali di origine animale o vegetale. È pertanto un settore in cui tra gli "agenti biologici" potenzialmente nocivi per la salute dei lavoratori, da considerare in fase di valutazione del rischio, vanno inclusi anche i materiali in lavorazione (legno, carta, cotone, lana, seta, pellami ecc).

Altre fonti di pericolo biologico, oltre alle materie prime, sono l'acqua di ricircolo e la polvere ambientale che possono essere contaminate da microbi e muffe o contenere feci e frammenti di artropodi dagli effetti allergizzanti. Le principali vie di esposizione sono l'inalazione (aerosol contaminato, polveri organiche e fibre naturali) e il contatto (possibili micosi e allergie a livello di cute e mucose).

Gli agenti biologici presenti nell'ambiente di lavoro, siano essi parte delle materie prime o contaminanti di natura batterica e fungina, possono avere effetti tossici, irritanti o allergizzanti. Alcune specie del microfungo Aspergillus, per esempio producono micotossine che, anche in piccole concentrazioni, sono in grado di causare lesioni gastrointestinali o avere effetti tossici sul sistema nervoso centrale. L'aflatossina, una micotossina prodotta dall'Aspergillus flavus, è stata correlata positivamente al tumore al fegato.

Nelle industrie che trasformano prodotti di origine animale (per esempio le industrie conciarie), il pericolo di esposizione agli agenti biologici, soprattutto nelle prime fasi di lavorazione, è accresciuto dalla presenza di materie prime che sono substrato favorevole allo sviluppo di elevate concentrazioni microbiche. Gli effetti sulla salute possono essere vari, micosi della pelle, manifestazioni allergiche a livello di vie respiratorie e cute e anche infezioni sistemiche (carbonchio, tularemia, tetano).

Nei settori dell'agricoltura, dell’allevamento e della pesca, l’esposizione ad agenti biologici può essere significativa sia per il contatto con materiale potenzialmente contaminato (suolo, fieno contaminato, deiezioni animali, ecc.), che per l’alto indice infortunistico (alcuni agenti biologici possono essere trasmessi attraverso ferite e abrasioni).

In particolare il rischio biologico può derivare da:

  • animali da allevamento, animali domestici e selvatici (inclusi ratti e volatili)
  • insetti potenziali veicoli di contagio (es. zecche, mosche e zanzare)
  • suolo e fieno
  • acqua

In tali settori, gli agenti biologici possono provocare diverse patologie:

  • infezioni provocate da virus, batteri, parassiti
  • allergie causate dall'esposizione a muffe, polveri di natura organica come polveri di farina, polveri di origine animale, enzimi e acari
  • avvelenamento o effetti tossicogenici.

Nell’ultimo ventennio si è assistito sia all’emergere di patogeni di nuovo riconoscimento che al riemergere di patologie già ben caratterizzate, talvolta con situazioni a carattere epidemico o addirittura pandemico, come nel caso dell’influenza aviaria. Tra le ragioni alla base di tali fenomeni, possono essere considerati vari fattori tra cui l’incremento di viaggi e commercio internazionale di merci organiche o animali, migrazioni, modifiche degli stili di vita, dell’ambiente e dell’uso del territorio, nuovi adattamenti microbici, impiego di nuovi agenti biologici nelle tecnologie produttive e, talvolta, anche una scarsa efficacia degli interventi di sanità pubblica.

Il termine “emergente” può essere utilizzato in maniera più o meno restrittiva: nel primo caso si intendono quegli agenti biologici responsabili di patologie nuove per la specie umana, perché ne è stata definita recentemente la configurazione nosografica o è di recente identificazione l’agente microbico. Un esempio è rappresentato dal virus West Nile, un ospite naturale degli uccelli selvatici e delle zanzare del genere Culex attraverso le cui punture può essere trasmesso all’uomo o ad altri mammiferi (cani, gatti, conigli e soprattutto cavalli).  In anni recenti, ha provocato focolai epidemici nella popolazione umana, tanto che il Ministero della Salute ha posto le infezioni da West Nile tra quelle sotto sorveglianza sanitaria e lo European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), nei mesi di maggior diffusione (da giugno a ottobre), pubblica settimanalmente una mappa aggiornata con i casi di infezione verificatisi in Europa.

In senso meno restrittivo, il termine “emergente” si utilizza per indicare patologie che si insediano in un nuovo territorio, ad esempio la tularemia, causata dal batterio Francisella tularensis, che colpisce in forma clinica quasi esclusivamente i lagomorfi (conigli, lepri) e i roditori. La possibilità di trasmissione dagli animali infetti all’uomo attraverso la puntura di zecche e l’insorgenza di casi di infezione in alcune regioni dell’Italia settentrionale hanno indotto l’emanazione di norme sanitarie per regolare l'importazione di lepri destinate al ripopolamento.

Il termine “riemergente” si applica invece a patologie tradizionali già note che, dopo un periodo di apparente riduzione o scomparsa, si rendono nuovamente evidenti sia per numero di casi, sia per l’impatto sulla popolazione (ad esempio: tetano, filariasi, listeriosi, colera, meningite meningococcica, difterite, tubercolosi, dengue, lebbra, scabbia).

Agenti biologici emergenti e riemergenti sono stati, negli ultimi anni, responsabili di diversi episodi epidemici e, in taluni casi, di vere e proprie pandemie, grazie alla capacità di diffondersi rapidamente in tutto il mondo. Nel fronteggiare le emergenze sanitarie degli ultimi decenni è risultata di fondamentale importanza l’integrazione di più discipline, quali la sanità pubblica, la salute animale, la protezione dell’ambiente, la sicurezza alimentare, la salute nei luoghi di lavoro.

Le attività a contatto con gli animali o con loro prodotti e deiezioni, possono determinare infezioni da microrganismi e parassiti che svolgono il loro ciclo vitale (o parte di esso) negli animali stessi o nel terreno (Clostridium tetani), e che sono responsabili delle cosiddette zoonosi.

Con il termine zoonosi si identifica un gruppo eterogeneo di infezioni batteriche, virali, da prioni e di parassitosi, che possono essere trasmesse all'uomo dagli animali, direttamente (per contatto con peli, uova, sangue o secrezioni varie) o indirettamente (attraverso la puntura di artropodi vettori o per ingestione di alimenti o acqua infetti). I microrganismi, infatti, possono penetrare nell'uomo attraverso ferite sporche di terra, morsi di animali infetti e punture di insetti che fungono da vettori.

Nel d.lgs 81/2008 l'allegato XLVI, riporta a titolo esemplificativo, alcune attività che possono comportare esposizione ad agenti biologici pericolosi e, tra queste, rientrano anche quelle in cui vi è contatto con gli animali e con i loro prodotti.

Le fonti di agenti biologici pericolosi possono essere i tessuti e i fluidi biologici infetti, le deiezioni, gli strumenti o le superfici di lavoro contaminate, il bioaerosol, i liquami e l'acqua contaminata.

I microrganismi presenti negli allevamenti animali sono numerosi e vari (virus, batteri, funghi, endoparassiti ed ectoparassiti); alcuni di essi interessano solo determinate specie animali e non sono patogeni per l'uomo, altri invece, sono in grado di causare patologie in più specie tra cui anche l'uomo.

Va ricordato che molte malattie infettive emergenti o riemergenti sono zoonosi (causate da patogeni provenienti da animali o da prodotti di origine animale) in grado di oltrepassare la barriera di specie. Pertanto, gli ambiti lavorativi maggiormente interessati sono quelli agricolo-zootecnici, con un particolare coinvolgimento dei lavoratori a contatto con animali infetti vivi o morti, aerosol, polveri o superfici contaminate da loro secrezioni.

A tutto ciò si aggiunge la sempre maggiore diffusione a livello globale di microrganismi resistenti agli antimicrobici, tanto che alcune infezioni si sono ripresentate in forme estremamente resistenti alle terapie convenzionali. Questo è il caso delle polmoniti batteriche, delle shigellosi e delle infezioni da Staphylococcus aureus e Streptococcus pyogenes.

Negli allevamenti animali è fondamentale quindi individuare i punti più critici relativi all’esposizione ad agenti biologici, tra cui ad esempio:

  • preparazione e distribuzione del mangime per l’inalazione di polveri organiche
  • rimozione delle deiezioni per il possibile contatto con fluidi biologici, deiezioni e strumenti contaminati, inalazione di bioaerosol
  • carico/scarico, trasferimento e movimentazione degli animali
  • lavaggio degli impianti e delle attrezzature per possibili schizzi contaminati
  • lavaggio e disinfezione degli automezzi di trasporto degli animali e delle zone di allevamento.

E’ quindi necessario intervenire a più livelli di prevenzione, protezione e controllo ambientale:

  • igiene e profilassi degli animali (esami sierologici, vaccinazioni, ecc.)
  • meccanizzazione di alcune lavorazioni; alimentazione automatica
  • manutenzione ordinaria e straordinaria
  • rimozione tempestiva delle deiezioni animali e dei residui alimentari
  • ispezione, assistenza ed interventi sugli animali, quali igiene della mammella pre e post mungitura, mungitura, vaccinazioni, terapie, castrazione, assistenza al parto ed agli agnelli, ecc.
  • disinfezione dello strumentario
  • rigorosa igiene, adeguata aerazione degli ambienti
  • regolare disinfestazione e derattizzazione ambientale
  • predisposizione di zone-filtro prima degli accessi agli spogliatoi
  • adozione di procedure adeguate per l’igiene e la sicurezza degli addetti
  • predisposizione di adeguati servizi igienico-sanitari
  • utilizzo di DPI (tuta da lavoro, stivali, guanti, occhiali, facciale filtrante)
  • adeguata informazione e formazione degli addetti sul rischio biologico
  • sorveglianza sanitaria
  • collaborazione con i servizi veterinari per la prevenzione.

Nella pesca, sia che si parli di pesca marittima, lustre o fluviale, sia che si tratti di acquacoltura, può esservi la probabilità di essere esposti ad agenti biologici.

L’esposizione può avvenire essenzialmente per contatto accidentale delle mucose di occhi, naso e bocca con schizzi e gocce provenienti da animali infetti (ad esempio durante l’eviscerazione) o contatto indiretto con superfici e attrezzature di lavoro contaminate.

Gli agenti biologici più frequentemente risocntrati sono: Erysipelothrix rhusiopathiae, Mycobacterium marinum, M. fortuitum, M. chelona, M. balnei, Vibrio spp., Nocardia spp., Pseudomonas spp., Streptococcus spp., Yersinia spp., Clostridium tetani, Leptospira interrogans, Giardia spp.; Cryptosporidium spp., Anisakis spp.. Gli effetti sulla salute possono essere infezioni cutanee, gastroenteriti, congiuntiviti, allergie.

E’ fondamentale intervenire con una serie di misure di prevenzione e protezione quali:

  • disinfezione/decontaminazione/disinfestazione dell’ambiente di lavoro sia a bordo nave che in ambito portuale e delle attrezzature (vasche, magazzini, officine, zona incassettamento pescato)
  • utilizzo di spogliatoi e servizi igienici adeguati all’attività
  • vaccinazione antitetanica
  • corretto utilizzo di DPI (stivali, guanti, grembiule, mascherine, occhiali)
  • adeguata informazione e formazione degli addetti sul rischio biologico
  • sorveglianza sanitaria.

Il rischio biologico caratterizza tutte le attività lavorative degli operatori sanitari.

Questi sono particolarmente esposti a quegli agenti biologici che si trasmettono con il sangue o altri fluidi biologici, a seguito di punture o ferite con strumenti contaminati o per contatto delle mucose (es. congiuntivale) con fluidi infetti, ma anche a quelli che si trasmettono per via aerea (es. tubercolosi) o per droplet (es. meningite), nel caso di contatto molto ravvicinato e/o prolungato con un malato in fase contagiosa.

La prevenzione di ferite da taglio o punta nel settore ospedaliero e sanitario è sempre stato un problema di grande rilevanza in ambito sanitario tanto che il 25 Marzo 2014 è entrato in vigore il Titolo X bis – D.Lgs. 19 febbraio 2014, n. 19  “Attuazione della direttiva 2010/32/UE che attua l’accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario (GU n.57 del 10-3-2014).

Nel Titolo X bis viene richiamata l’importanza di attuare tutte quelle misure idonee ad eliminare o contenere al massimo il rischio di ferite ed infezioni sul lavoro attraverso l'elaborazione di una politica globale di prevenzione che tenga conto delle tecnologie più avanzate, dell'organizzazione e delle condizioni di lavoro, dei fattori psicosociali legati all'esercizio della professione e dell'influenza esercitata sui lavoratori dall'ambiente di lavoro.

In particolare, vengono previste alcune misure quali:

  • adeguata formazione
  • adozione di dispositivi medici dotati di meccanismi di protezione e di sicurezza
  • favorire la partecipazione attiva dei lavoratori
  • pianificazione di iniziative di prevenzione, sensibilizzazione, informazione, formazione e monitoraggio;
  • promozione della segnalazione di infortuni per permettere l'individuazione delle condizioni sistematiche.

La grande attenzione sociale riservata negli ultimi anni alle infezioni da virus ematici ha probabilmente contribuito ad abbassare il livello generale di interesse nei confronti di altre infezioni, come quella tubercolare, trasmesse per via aerea. In realtà, la tubercolosi continua a rappresentare un serio rischio occupazionale per gli operatori sanitari, specialmente per coloro che sono più esposti all'inalazione di aerosol potenzialmente infetto (per es. operazioni di induzione dell’espettorato, broncoscopie) o per gli operatori che analizzano fluidi biologici.

Altre patologie, a volte sottostimate, sono le dermatiti dovute a infezioni da dermatomiceti, causate essenzialmente da contatto diretto con la cute di pazienti infetti, o le parassitosi, dovute all'acaro Sarcoptes scabiei, problema di notevole rilevanza specialmente nei locali del Pronto Soccorso, dove spesso avviene il primo contatto fra i pazienti e la struttura ospedaliera.

Allegati

L'assistenza domiciliare a persone malate può comportare, in alcuni casi, il rischio di esposizione ad agenti biologici pericolosi. Le modalità di esposizione agli agenti biologici potenzialmente pericolosi sono essenzialmente le stesse degli ambienti sanitari, nello specifico:

  • contatto diretto con il malato o indiretto con oggetti contaminati da microbi (servizi igienici, padelle, pappagalli, biancheria, stoviglie);
  • contatto accidentale delle mucose (occhi, naso e bocca) con fluidi biologici;
  • inalazione di aerosol contaminato;inoculo di agenti patogeni attraverso punture accidentali, abrasioni ferite da oggetti taglienti o appuntiti contaminati (per esempio siringhe, rasoi, ecc.).

Gli effetti sulla salute, principalmente di natura infettiva, sono legati alle condizioni delle persone assistite. Tra le principali infezioni che potrebbero essere contratte, è bene segnalare quelle di cui spesso gli assistiti possono essere inconsapevoli "portatori sani" come per esempio le epatiti B e C.

Al fine di contenere il rischio di esposizione è sempre bene presumere la possibile presenza di agenti patogeni e adottare idonee misure di prevenzione e protezione, tra cui: procedure di lavoro sicure, con particolare riguardo al lavaggio delle mani e delle braccia, alla manipolazione dei rifiuti potenzialmente infetti (siringhe, pannoloni, altro materiale monouso usato per l'assistenza) e degli oggetti taglienti e appuntiti (aghi, forbici), sanificazione degli ambienti e della biancheria (per esempio uso di candeggina) e uso di dispositivi di protezione individuale (guanti monouso, guanti resistenti per le pulizie, se necessario, mascherine).

Allegati

Gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane

Le acque reflue urbane possono essere veicolo di microrganismi patogeni e non che, grazie alla formazione di aerosol o schizzi durante alcune fasi di trattamento, si disperdono nell'ambiente circostante e rappresentano un pericolo per gli operatori del settore.

Lo sviluppo di bioaerosol avviene soprattutto per l'azione meccanica degli organi in movimento che provocano vortici e salti di livello dei reflui (per esempio il punto di sollevamento-grigliatura).

Tuttavia, possono risultare insalubri anche alcuni ambienti chiusi, adiacenti all'impianto di trattamento, come gli spogliatoi o i luoghi di ristoro, se non sono attuate idonee misure di contenimento in grado di prevenire la contaminazione.

La dispersione della contaminazione microbica nell'aria degli impianti di depurazione subisce variazioni in funzione delle caratteristiche strutturali dell'impianto, del movimento dei liquidi durante il processo di trattamento, dei fattori meteorologici (velocità e direzione del vento, umidità e temperatura) o di particolari situazioni epidemiologiche locali. I microrganismi presenti sono principalmente quelli a trasmissione oro-fecale: batteri come Salmonella, Vibrio e Leptospira, virus che interessano l'apparato gastrointestinale (enterovirus, rotavirus, ecc.) e uova di parassiti intestinali.

Le misure di prevenzione e protezione più efficaci applicabili sono certamente il mantenimento di idonee condizioni igieniche (ad esempio il lavaggio accurato delle mani), ma anche interventi strutturali e procedurali come: la compartimentazione tra aree pulite e "sporche", la separazione di abiti da lavoro e ad uso civile, le misure di sanificazione, disinfestazione e derattizzazione e l'utilizzo di dispositivi di protezione individuale (per esempio dispositivi di protezione delle vie aeree, guanti, stivali).

La raccolta dei rifiuti solidi urbani

La possibile esposizione degli operatori adibiti alla raccolta dei rifiuti solidi urbani agli agenti biologici, dipende dalla tipologia di rifiuti manipolati e dalle procedure di lavoro. La concentrazione dei microrganismi varia in funzione della composizione e della quantità dei rifiuti, della stagione più o meno calda, dell'ubicazione e del tipo di utenza (aree commerciali, residenziali, ecc.).

Sono potenzialmente esposti al rischio biologico tutti gli addetti, anche se in misura maggiore quelli che effettuano la raccolta e lo spazzamento manuale. L'esposizione può avvenire per:

  • contatto muco-cutaneo con materiale organico in decomposizione, urine ed escrementi di roditori o guano di uccelli potenzialmente infetti;
  • inalazione di bioaerosol;
  • ingestione accidentale (per esempio mani sporche portate alla bocca);
  • via parenterale attraverso ferite e punture (siringhe, chiodi, schegge di vetro, ecc.) e morsi o graffi di animali infetti (ratti, gatti, cani).

Il bioaerosol può contenere elevate concentrazioni di spore fungine e pollini in grado di scatenare in soggetti predisposti manifestazioni di tipo allergico a carico delle mucose oculari o delle vie respiratorie (asma bronchiale, rinite allergica, congiuntivite, ecc.). Possono inoltre essere presenti endotossine batteriche responsabili di fenomeni infiammatori delle vie respiratorie e di disturbi gastrointestinali, e anche antigeni di funghi e attinomiceti che, se inalati, possono provocare alveoliti allergiche estrinseche (o polmoniti da ipersensibilità).

Il medico competente incaricato della sorveglianza sanitaria, oltre a pianificare le misure preventive e protettive (DPI e immunoterapia) dovrà porre particolare attenzione alla presenza di lavoratori allergici, i quali, soprattutto in alcuni periodi dell'anno e nello svolgimento di specifiche attività (spazzamento manuale) possono facilmente incorrere in manifestazioni di tipo allergico. La vaccinazione antitetanica è obbligatoria, mentre quelle per l'epatite B e A, sono fortemente consigliate.

Il trattamento e lo stoccaggio dei rifiuti solidi urbani

Le principali fonti di pericolo biologico sono rappresentate dai rifiuti stessi, dalle superfici, dal bioaerosol e dai roditori e artropodi.

I punti più critici per l'esposizione agli agenti biologici negli impianti di trattamento, sono le aree di ricezione e selezione dei rifiuti e la vasca di bioessiccazione e raffinazione. Tuttavia, se non ben compartimentati e in assenza di idonee procedure operative, anche gli ambienti chiusi adiacenti (sale comandi, uffici, luoghi di ristoro) possono presentare alte cariche microbiche.

Le zone a maggior rischio di esposizione nelle discariche, invece, sono le aree attive, gli uffici tecnici le aree di pesatura, i sistemi di collettamento e recupero energetico del biogas, i sistemi di recupero e trattamento del percolato e le cabine di conduzione di benne e automezzi prive di sistemi di filtrazione dell'aria. L'esposizione può avvenire per inalazione di bioaerosol, per via parenterale attraverso tagli, punture o abrasioni, con rifiuti e oggetti contaminati, per ingestione accidentale (portare alla bocca mani contaminate).

I sistemi di prevenzione e protezione da non trascurare sono: l'applicazione di adeguate procedure di lavoro e misure igieniche, gli impianti di aspirazione negli ambienti confinati, la compartimentazione degli ambienti, la separazione degli abiti da lavoro da quelli a uso civile, le misure di sanificazione, disinfestazione e derattizzazione, l'uso di dispositivi di protezione individuale (dispositivi di protezione delle vie aeree, guanti, tute).

Ambienti indoor e agenti biologici

Secondo quanto riportato nelle Linee Guida del Ministero della Sanità "La tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati", l'espressione "ambiente indoor" si riferisce ad ambienti confinati di vita e di lavoro non industriali e, in particolare, a luoghi adibiti a dimora, svago, lavoro e trasporto (abitazioni, uffici, ospedali, scuole, caserme, alberghi, banche, cinema, bar, ristoranti, negozi, strutture sportive, treni, aerei, navi, etc.).

I contaminanti indoor sono numerosi e di diversa natura (microrganismi, allergeni, endotossine) e la concentrazione in aria o sulle superfici varia nel tempo in base al tipo e al numero di fonti di pericolo presenti, alla ventilazione e alle abitudini degli occupanti.

Una elevata concentrazione microbica può essere correlata a condizioni igieniche non adeguate, al sovraffollamento e alla contaminazione dei sistemi di climatizzazione; inoltre, in ambienti comunitari quali scuole o asili nido può anche essere legata alla circolazione di microrganismi dipendenti da fenomeni epidemici (influenza, varicella, polmoniti, ecc.).

Agenti  biologici        Fonte                 Diffusione                                                         Indicazioni
Acinetobacter sp., Bacillus sp., Microccus sp., Penicillium sp.,Cladosporium sp., Aspergillus sp Ambientale La presenza di questi microorganismi non è influenzata in modo particolare dal tipo di attività lavorativa o dall'uomo. La loro rilevazione non ha particolari significati relativamente alle condizioni di inquinamento microbiologico. Una particolare attenzione merita Aspergillus fumigatus, fungo che può avere notevoli capacità allergizzanti ed essere responsabile di aspergillosi polmonare e aspergillomi.
Staphylococcus epidermidis,Candida sp (no albicans)  Umana/Animale Microrganismi usualmente non patogeni, la loro presenza è di derivazione antropica. Cariche significative in un ambiente lavorativo, prima dell'inizio del turno di lavoro è indice di procedure di pulizia e sanificazione non adeguate.
Escherichia coli, Enterobacter sp, Citrobacter sp,Klebsiella sp  Umana/Animale Microrganismi usualmente non patogeni, non dovrebbero essere presenti nell'ambiente di lavoro. Indice di contaminazione organica e condizioni igieniche inadeguate. Cariche elevate di E. coli fanno ipotizzare anche la presenza di enterobatteri patogeni come Salmonella spp.
Staphylococcus aureus, Candida albicans,Salmonella sp Umana Microrganismi non naturalmente presenti negli ambienti di lavoro, patogeni per l'uomo. La loro presenza costituisce un rischio per la salute ed è indice di procedure di pulizia e sanificazione inadeguate.
Legionella pneumophila, Legionella sp. Ambientale Microrganismi naturalmente presenti in ambienti con presenza di acqua. In alcuni casi (per esempio soggetti immunodepressi, ambienti ospedalieri) la loro presenza determina un rischio per la salute.

 

Ambienti indoor ed effetti sulla salute

In linea di massima, gli effetti sulla salute legati agli ambienti indoor possono essere raggruppati in tre grandi categorie:

  • Malattie associate agli edifici o Building-related illness (BRI): comprendono patologie quali ad esempio legionellosi, febbre da umidificatori, alveolite allergica, con un quadro clinico definito e per le quali può essere identificato uno specifico agente causale presente nell'ambiente confinato.
  • Sindrome dell'edificio malato o Sick-Building Syndrome (SBS): è definita come una sindrome ad eziologia non definita e con sintomatologia aspecifica (tosse, febbre, malessere diffuso, astenia etc.).
  • Malattie da allergeni indoor: gli allergeni (acari della polvere, pelo di animali domestici, alcuni pollini e alcune muffe) sono componenti "normali" dell'ambiente, privi di effetti nocivi per la maggioranza della popolazione ma in grado di suscitare una risposta anomala da parte di soggetti allergici.

ALLEGATI

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