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19 novembre 2021
La storia di Munzir e Mustafa, protagonisti della foto simbolo del conflitto siriano, raccontata a “Porta a porta”
La trasmissione di Rai uno ha approfondito la vicenda del padre e figlio che saranno assistiti dal Centro Protesi Inail. Lo scatto “Hardship of life” del fotografo turco Mehmet Aslan che li ritrae insieme ha emozionato e commosso il mondo
La storia di Munzir e Mustafa, protagonisti della foto simbolo del conflitto siriano, raccontata a “Porta a porta”
ROMA - Ritorno alla vita. La storia di Munzir e Mustafa e del Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio che assisterà padre e figlio, avviando per loro un percorso protesico-riabilitativo, è stata raccontata nella trasmissione Rai, “Porta a porta”, in onda ieri sera su Rai uno. Vincitore del “Siena international photo awards”, “Hardship of life” (difficoltà della vita), lo scatto del fotografo turco Mehmet Aslan che ritrae papà Munzir e il figlio di 5 anni Mustafa, in un momento di gioco e tenerezza, ha fatto il giro del mondo. Nella foto Munzir, mentre si regge su una stampella, solleva il piccolo Mustafa nato senza braccia e gambe a causa di una malformazione provocata dall’assunzione di farmaci da parte della madre colpita durante il conflitto siriano dal gas nervino. Al Centro Protesi si sono rivolti il medico sportivo Andrea Causarano e il fotografo Luca Venturi, direttore del “Siena international photo awards”, promotori della raccolta fondi che sostiene l’iniziativa per portare padre e figlio in Italia.
Gregorio Teti: “Ogni tre o quattro mesi andrà rivista l’invasatura adeguandola alla crescita corporea del bambino”. Intervenuto durante la trasmissione condotta da Bruno Vespa, il direttore dell’area tecnica del Centro Protesi Inail, Gregorio Teti, nell’esprimere la vicinanza dell’Istituto a Munzir e al piccolo Mustafa, ha manifestato la disponibilità della struttura di Vigorso ad accogliere e ad assistere, in un apposito percorso protesico riabilitativo, padre e figlio: “Il caso di Mustafa è molto complesso poiché ha quattro disabilità da recuperare. Il bambino nasce con un suo mondo quindi bisogna cercare di fargli capire, con il gioco, che le protesi potranno aiutarlo nelle attività quotidiane. Lavoreremo prima sugli arti superiori e poi successivamente in sequenza su quelli inferiori”. “Su Mustafa - ha continuato Teti - il Centro Protesi opererà, come sempre, con un’equipe molto allargata, ci sarà la parte riabilitativa, molto importante, per far comprendere l’utilizzo del dispositivo tecnico e fare in modo che il bambino familiarizzi rapidamente con le protesi. Poi dovremo accompagnarlo nella crescita dell’apparato muscolo scheletrico. Ogni tre-quattro mesi andrà rivista l’invasatura adeguandola alla crescita corporea”. Teti ha poi spiegato anche il percorso che interesserà Munzir: “Il papà ha una patologia acquisita che è diversa da una congenita, quindi ha uno schema già insito con una maggiore capacità reattiva e in questo caso noi saremo in grado di dare l’opportunità di ricostituire lo schema corporeo iniziale”.
Il padre Munzir: “Da un anno Mustafa mi chiede quando potrà avere braccia e gambe e andare a scuola”. Durante la trasmissione, in un servizio della corrispondente Rai, Lucia Goracci, presente in studio, è stata mostrata la non facile quotidianità di Mustafa, raccogliendo le testimonianze dei genitori. Il papà Munzir ha spiegato: “Da un anno Mustafa mi chiede quando potrà avere braccia e gambe e andare a scuola. È un bambino intelligente, non puoi dirgli bugie. In tre anni in Turchia non c’è ospedale che non abbia visitato. Mi dicono che Mustafa dovrebbe andare all’estero per curarsi, avrebbe bisogno di un intervento di allungamento delle ossa e di speciali protesi”. Durante il servizio è stata data voce anche alla mamma Zeinab che ha rivelato: “Passiamo la giornata insieme a lui, lo facciamo giocare, andiamo al parco, al supermercato dove vuole comprare sempre qualcosa. Ovunque sia possibile curarlo andremo, in qualsiasi posto. Mi auguro che possa diventare meglio di tutti gli altri, una grande persona perché è un bambino molto intelligente”.
Lucia Goracci: “Mustafa è una forza della natura con un grande attaccamento alla vita”. Nel commentare la vicenda e nel complimentarsi con il Centro protesi Inail, il conduttore Bruno Vespa ha raccolto la testimonianza della giornalista Lucia Goracci che ha raccontato come la vicenda di Mustafa non sia stata facile da affrontare soprattutto dal punto di vista emotivo: “La sofferenza dei bambini è una linea rossa, difficile da valicare. La mia tensione si è sciolta quando sono entrata nella sua casa. Mustafa è una forza della natura con un attaccamento alla vita e una capacità innata di interagire anche con chi non conosce. Lui e la sua famiglia vengono dalla Siria e, con tutto quello che si sono lasciati alle spalle, hanno ancora la forza e la caparbietà di voler guardare al futuro”.
Lo scatto “Hardship of life” ricorda per forza e autenticità quello del bambino siriano Aylan Kurdi. Mehmet Aslan, il fotografo turco, vincitore del “Siena international photo awards”, in alcune dichiarazioni riportate dal quotidiano, “Avvenire” ha spiegato le motivazioni dell’opera: “Ho scattato la foto ad aprile di quest’anno nella provincia turca dell’Hatay in cui vivo e dove hanno trovato rifugio tantissimi profughi siriani. Il giorno dello scatto, un’equipe medica era venuta nella zona per visitare Mustafa ed è stato un momento di gioia”. Per la sua forza e autenticità lo scatto di Aslan è stato equiparato a quello della fotoreporter Nilufer Demir che, nel 2015, ha ritratto il piccolo Aylan Kurdi, il bambino siriano di tre anni di etnia curda, disteso senza vita sulle spiagge vicino a Bodrum in Turchia, divenuto il simbolo del dramma dei migranti in Europa.
Da sessant’anni accanto alle persone con disabilità. Il Centro Protesi Inail che quest’anno compie sessant’anni è una realtà di primo piano a livello nazionale e internazionale che opera con grandi risultati nella riabilitazione, nell’assistenza protesica, nella ricerca e nella sperimentazione scientifica. Dalla collaborazione con l’Istituto italiano di tecnologia di Genova è nata la mano protesica di derivazione robotica “Hannes” che permette di restituire al paziente circa il 90 per cento delle funzionalità di un arto naturale. “Hannes” nel nome rende omaggio al professor Johannes Schmidl, il luminare austriaco che nel 1961, su incarico dei vertici dell’Inail diede inizio all’attività di ricerca del Centro Protesi e nel 1963 alla prima protesi mioelettrica.
A Budrio sono accolti circa 11.000 pazienti ogni anno. Il Centro Protesi che accoglie ogni anno circa 11.000 pazienti, infortunati sul lavoro e persone con disabilità provenienti anche dall’estero, fornisce assistenza dal punto di vista tecnico, sanitario e psicosociale al fine di sviluppare nel paziente abilità e potenzialità residue che gli consentano di raggiungere il massimo di autonomia possibile. Dopo il percorso riabilitativo e protesico vari assistiti, grazie a un accordo con il Comitato italiano paralimpico, sono stati avviati alla pratica sportiva. Alle Paralimpiadi di Tokyo molte atlete a atleti hanno gareggiato con protesi realizzate a Budrio, tra cui l’esordiente Ambra Sabatini, medaglia d’oro e record del mondo nei 100 metri T63.
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Pubblicazione
19/11/2021, 10:50
Ultimo aggiornamento
19/11/2021, 10:50
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