INAIL - Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro

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Geochimica materiali fibrosi nanometrici naturali

Con l’uso degli strumenti a disposizione dell’emergente disciplina della Geologia Medica, parte della ricerca del Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti prodotti e insediamenti antropici è indirizzata a migliorare la comprensione di eventuali nessi potenzialmente esistenti tra alcuni fattori geologico/ambientali e rischi per la salute. In questo senso vengono studiati alcuni materiali/prodotti (ad esempio alcuni diffusi minerali, i loro prodotti d’alterazione nelle matrici ambientali e i loro derivati negli ambienti di vita e di lavoro) per verificare i meccanismi e i processi in cui l’uso di questi elementi d’origine geogenica possa avere effettive e comprovate conseguenze sulla qualità di vita e della salute umana.

In particolare si vuole valutare, con l’ausilio anche di studi epidemiologici, le implicazioni che materiali fibrosi tanto impiegati nell’industria e normalmente presenti in natura, tipicamente associati nella paragenesi di rocce metamorfiche, insieme a sedimenti e polveri che da essere derivano, possono creare oltre che alle popolazioni ai lavoratori che con queste vengono a contatto, soprattutto quando impiegati in alcune filiere produttive.

Nella fattispecie si fa riferimento alle fibre, sotto forma micro e nanoparticellare, di Biossido di Titanio (TiO2), elemento molto diffuso nella produzione di pigmenti nelle pitture e per coloranti, compresi quelli alimentari.

Fra gli altri molteplici utilizzi si pensi alla sempre più diffusa produzione di cementi fotocatalitici, leganti che permettono la creazione di elementi cosiddetti “cattura smog”, che oltre ad indurre proprietà autopulenti ai manufatti, mantenendole bianche, sfruttando la proprietà fotocatalitica del TiO2, inducono la produzione di molecole di ossigeno che attivato agisce nella scomposizione delle molecole degli inquinanti.

Fibre di TiO2 in matrici ambientali: rischi potenziali

Come approccio iniziale, per meglio comprendere i reali effetti avversi sulla salute umana del Biossido di Titanio, l’attività di studio si concentra nei luoghi dove esso compare naturalmente incluso in rocce metamorfiche: nelle Argilloscisti del Frido, nell’area del Parco del Pollino, fra Basilicata e Calabria.

In questo senso, vengono condotte campagne di campionamenti e successiva caratterizzazione geochimica e mineralogica di dettaglio di questi minerali e loro componenti fibrosi, con l’ausilio di strumenti e tecniche molto raffinate, sia in rocce e suoli che in atmosfera; acque e sedimenti fluviali e lacustri, per poterne distinguere le varie forme cristalline, anche su ridottissime quantità, tra Rutilo ed Anatasio, poiché aventi differente reattività biologica.

In assenza di specifici protocolli di campionamento delle fibre in studio, si mutuano da preesistenti per fibre aerodisperse, procedendo con step successivi ad affinarli per perfezionarne l’applicazione agli ambienti outdoor e soprattutto mirarle alla cattura di particelle di dimensioni nanometriche.

Questo per comprendere i meccanismi di movimento, migrazione e alterazione degli agenti chimici pericolosi, nel tempo e nello spazio. Unitamente a ciò si cerca di comprendere l’eventuale correlazione tra dati geochimici e dati legati ad alcune patologie croniche e non potenzialmente associabili con l’esposizione ai classici agenti nocivi.

Ultimo aggiornamento: 02/08/2017