INAIL - Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro

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Ambienti di lavoro

Il datore di lavoro è tenuto a valutare i rischi per la salute derivanti dall'esposizione agli agenti biologici presenti nell'ambiente di lavoro. Il rischio biologico può essere sia deliberato (ovvero gli agenti biologici sono introdotti o presenti in maniera deliberata nell’ambito del ciclo produttivo) sia potenziale od occasionale. Sulla base degli esiti della valutazione è poi tenuto a porre in atto le misure necessarie a ridurre o eliminare, se possibile, l'esposizione agli agenti potenzialmente patogeni.
 
Nella prima fase della valutazione del rischio biologico è necessario identificare le fonti di pericolo, gli agenti biologici pericolosi anche potenzialmente presenti e stimare l'entità dell'esposizione. A tal fine, prima di definire eventuali campagne di monitoraggio, il datore di lavoro è tenuto a utilizzare tutte le fonti scientifiche e informative disponibili, con particolare riguardo a quelle che si riferiscono al comparto e agli agenti biologici di specifico interesse.
Il rischio biologico può essere considerato senza dubbio trasversale ai diversi luoghi di lavoro. Infatti, sebbene ambiti lavorativi come quello sanitario, veterinario, zootecnico o dei rifiuti siano particolarmente interessati dalla presenza di agenti biologici per il tipo di attività svolta, non va trascurata la presenza di agenti biologici che talvolta può anche essere anche significativa per particolari situazioni di epidemie o focolai, in luoghi quali uffici, scuole, caserme, alberghi, mezzi di trasporto pubblici.

Alcune attività lavorative sono state analizzate nel dettaglio allo scopo di definire i rischi biologici presenti. I dati raccolti, diffusi tramite opuscoli, articoli scientifici e linee guida offrono a chi opera nel settore della salute e sicurezza sul lavoro, un valido ausilio per la strutturazione gli interventi necessari alla corretta valutazione dei rischi biologici e alla loro gestione.

Molto è stato prodotto sugli ambienti indoor, intesi come ambienti confinati di vita e di lavoro non industriali (abitazioni, uffici pubblici e privati, ospedali, scuole, caserme, alberghi, banche, cinema, mezzi di trasporto pubblici e/o privati ecc.), ma anche su molte attività produttive: falegnamerie, produzione di vino e olio, allevamento di animali, lavorazione delle carni e altri derivati animali ecc..

Allegati

Agricoltura

Nell’ultimo ventennio si è assistito sia all’emergere di patogeni di nuovo riconoscimento che al riemergere di patologie già ben caratterizzate, talvolta con situazioni a carattere epidemico o addirittura pandemico, come nel caso dell’influenza aviaria. Tra le ragioni alla base di tali fenomeni, possono essere considerati vari fattori tra cui l’incremento di viaggi e commercio internazionale di merci organiche o animali, migrazioni, modifiche degli stili di vita, dell’ambiente e dell’uso del territorio, nuovi adattamenti microbici, impiego di nuovi agenti biologici nelle tecnologie produttive e, talvolta, anche una scarsa efficacia degli interventi di sanità pubblica.

Il termine “emergente” può essere utilizzato in maniera più o meno restrittiva: nel primo caso si intendono quegli agenti biologici responsabili di patologie nuove per la specie umana, perché ne è stata definita recentemente la configurazione nosografica o è di recente identificazione l’agente microbico. Un esempio è rappresentato dal virus West Nile, un ospite naturale degli uccelli selvatici e delle zanzare del genere Culex attraverso le cui punture può essere trasmesso all’uomo o ad altri mammiferi (cani, gatti, conigli e soprattutto cavalli).  In anni recenti, ha provocato focolai epidemici nella popolazione umana, tanto che il Ministero della Salute ha posto le infezioni da West Nile tra quelle sotto sorveglianza sanitaria e lo European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), nei mesi di maggior diffusione (da giugno a ottobre), pubblica settimanalmente una mappa aggiornata con i casi di infezione verificatisi in Europa.

In senso meno restrittivo, il termine “emergente” si utilizza per indicare patologie che si insediano in un nuovo territorio, ad esempio la tularemia, causata dal batterio Francisella tularensis, che colpisce in forma clinica quasi esclusivamente i lagomorfi (conigli, lepri) e i roditori. La possibilità di trasmissione dagli animali infetti all’uomo attraverso la puntura di zecche e l’insorgenza di casi di infezione in alcune regioni dell’Italia settentrionale hanno indotto l’emanazione di norme sanitarie per regolare l'importazione di lepri destinate al ripopolamento.

Il termine “riemergente” si applica invece a patologie tradizionali già note che, dopo un periodo di apparente riduzione o scomparsa, si rendono nuovamente evidenti sia per numero di casi, sia per l’impatto sulla popolazione (ad esempio: tetano, filariasi, listeriosi, colera, meningite meningococcica, difterite, tubercolosi, dengue, lebbra, scabbia).

Agenti biologici emergenti e riemergenti sono stati, negli ultimi anni, responsabili di diversi episodi epidemici e, in taluni casi, di vere e proprie pandemie, grazie alla capacità di diffondersi rapidamente in tutto il mondo. Nel fronteggiare le emergenze sanitarie degli ultimi decenni è risultata di fondamentale importanza l’integrazione di più discipline, quali la sanità pubblica, la salute animale, la protezione dell’ambiente, la sicurezza alimentare, la salute nei luoghi di lavoro. 

Ultimo aggiornamento: 12/12/2017