L’Italia ha stipulato con alcuni paesi extraeuropei apposite convenzioni internazionali di sicurezza sociale per tutelare i lavoratori italiani che svolgono attività lavorativa all’estero. Ogni convenzione opera in modo autonomo rispetto alle altre convenzioni e stabilisce tra i Paesi contraenti i requisiti da osservare e le prestazioni da erogare. I principi fondamentali delle convenzioni internazionali riguardano:
- la parità di trattamento: ciascuno Stato stipulante riconosce ai cittadini dell’altro Stato, operanti sul proprio territorio nazionale, gli stessi diritti riservati ai propri cittadini; il lavoratore, quindi, riceverà le prestazioni dall’ente assicuratore del luogo ove lavora come se fosse cittadino di quello Stato in base alle disposizioni che sono state previste nella Convenzione stipulata tra i paesi contraenti
- la territorialità della legislazione applicabile: viene applicata la legislazione di sicurezza sociale del luogo dove viene effettivamente svolto il lavoro
- l'esportabilità delle prestazioni: ad ulteriore garanzia del lavoratore migrante, è previsto che le prestazioni non siano soggette a riduzione, sospensione o soppressione per il fatto che l’avente diritto trasferisca la propria residenza nell’altro Paese contraente
- totalizzazione dei periodi assicurativi compiuti nei vari Paesi contraenti per il raggiungimento del diritto alle prestazioni: è un principio cardine di tutte le Convenzioni e i relativi Accordi internazionali in materia di sicurezza sociale; in base a tale principio è consentito il cumulo dei periodi di occupazione, assicurazione, residenza compiuto dal lavoratore in virtù delle legislazioni dei Paesi contraenti nella misura necessaria ed a condizione che non si sovrappongano. La Convenzione può estendere la totalizzazione dei periodi occupazione, assicurazione, residenza anche ai periodi inerenti attività lavorative svolte in Paesi terzi legati ai due Stati contraenti da Accordi dello stesso tipo. Il cumulo dei periodi lavorativi assume particolare rilievo in presenza di malattie professionali determinate da lavorazioni rischiose svolte in più Paesi (rischio misto), qualora la legislazione di uno od entrambi i Paesi contraenti subordini l’indennizzo ad un periodo minimo di esposizione al rischio specifico od ad un periodo massimo a partire dalla data di cessazione dell’attività rischiosa.
Sono 17 i Paesi convenzionati con i quali l’Italia ha sottoscritto nel corso degli anni accordi e convenzioni di sicurezza sociale: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Capoverde, Croazia, Isole del Canale, ex Jugoslavia, Principato di Monaco, San Marino, Santa sede, Slovenia, Svizzera, Tunisia, Turchia, Uruguay, Venezuela.
Lavoratore distaccato. Il lavoratore distaccato rimane soggetto alla legislazione dello Stato in cui ha sede l'impresa. E’ colui che esercita un'attività subordinata presso un'impresa, con sede nel territorio di uno Stato, e che viene inviato, per un limitato periodo di tempo, in un altro Stato per svolgervi un lavoro.
In caso di lavoratore alle dipendenze di un'impresa con sede in Italia e distaccato nel territorio di altro Paese, il datore di lavoro, si rivolge all’Inps per presentare domanda di rilascio del certificato di distacco e comunica tempestivamente alla sede Inail territorialmente competente, il distacco dei propri lavoratori all’estero. Nella comunicazione si evidenzia in particolare la qualifica professionale del lavoratore e la natura del lavoro che dovrà essere eseguito. La sede Inail, venuta a conoscenza della nuova situazione giuridica conseguente al distacco, ne valuta i riflessi contributivi, e, in caso di diversa lavorazione, riclassifica il rischio applicando il tasso relativo.
Viceversa per il lavoratore dipendente da un'impresa straniera ed occupato in Italia che resta assoggettato alla legislazione del Paese dove ha sede l'impresa, si utilizza il formulario rilasciato dalla competente Istituzione del Paese straniero dove ha sede l'impresa.
La durata massima del distacco è determinata dalle singole convenzioni bilaterali. Generalmente va da un minimo di 6 mesi a un massimo di 36. Se il distacco all'estero supera il periodo previsto, il lavoratore può ottenere una proroga, concessa dall'Autorità competente del Paese nel cui territorio il lavoratore è occupato, sempre per un periodo determinato. La richiesta della proroga deve essere inoltrata, dal datore di lavoro, alla predetta autorità, prima della scadenza del termine del distacco già autorizzato. Le aziende italiane che intendono chiedere una proroga devono rivolgersi al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali per i distacchi in tutti gli Stati con i quali vige una convenzione bilaterale.